10 anni di FE. Siamo stati qui #8: Chiostri di San Pietro
Fin dalla sua prima edizione Fotografia Europea va alla scoperta dei luoghi più suggestivi della città, alcuni sconosciuti anche agli stessi cittadini. L’obiettivo è di valorizzare lo spazio urbano e il patrimonio storico-architettonico attraverso l’apertura straordinaria di edifici riqualificati e di spazi solitamente inaccessibili, con progetti di mostra e allestimenti site specific.
Le Mostre
I chiostri di San Pietro sono una delle sedi di Fotografia Europea già nel 2006, primo anno della manifestazione, con la mostra di Ingar Krauss, allestita nel chiostro piccolo prima del restauro, con i portici ancora tamponati.
Nel 2010 si completa una prima fase del restauro e vengono aperte le sale del pian terreno con la mostra di Ange Leccia.
Negli anni seguenti viene aperto anche il piano superiore e i chiostri diventano il fulcro della manifestazione.
Tra le mostre allestite ricordiamo quelle di François Halard, Nino Migliori, Paolo Roversi, Paola De Pietri, Igor Mukhin, Costas Ordolis, Federico Patellani, Michi Suzuki, Massimo Vitali, Philippe Chancel, Stefano D’Amadio, Cristina De Middel, Andrea Galvani, Esko Männikkö, Anders Petersen, David Stewart, Luigi Ghirri, Sarah Moon, Erich Lessing
Quest’anno i chiostri ospiteranno le mostre di Olivo Barbieri, la mostra del libro fotografico “Le cose che si vedono in cielo”, la mostra di NOOR, Luca Gilli, una proiezione dal festival Circulation(s), e la mostra dei ragazzi che partecipano al progetto Speciale Diciottoventicinque “Per terra”.
Il luogo
L’ex Monastero apparteneva ai Monaci Benedettini che officiavano nell’annessa Chiesa di San Pietro. Il convento, realizzato tra il secondo decennio del XVI secolo e il terzo decennio del secolo successivo, si articola intorno a due chiostri: uno di ridotte dimensioni dalla foggia tardo quattrocentesca e uno di ampia planimetria e di gusto manierista.
Il Chiostro piccolo fu realizzato tra il 1524 e il 1525 da Bartolomeo Spani, figura artistica dominante nel primo Cinquecento reggiano, che vi adottò un impianto tipicamente rinascimentale modulare di impronta brunelleschiana.
Grazie al recente restauro sono state recuperate, almeno in parte, le pareti affrescate che furono ricoperte da uno strato di calce negli anni cinquanta.
Di gusto completamente diverso è il chiostro grande, realizzato circa sessanta anni dopo, da Prospero e Francesco Pacchioni, che adottarono un impianto manierista con bugnato alle pareti. I due progettisti sono stati chiaramente influenzati dal modello di Palazzo Te a Mantova, disegnato da Giulio Romano.
Una decorazione scenografica pervade le pareti: a piano terra si apre per tutto il perimetro una teoria di serliane, mentre il piano superiore presenta finestre timpanate e nicchie decorate da possenti statue di santi dell’ordine benedettino, realizzate dai fratelli Bernardo e Francesco da Lugano negli anni Sessanta del Seicento.
L’aspetto originale è stato in parte alterato da interventi architettonici di poco successivi alla conclusione dell’opera. Già nel 1713 il livello del chiostro lasciava a vista i sotterranei adibiti a zona di servizio: cantine, cucina, dispensa, forno, lavatoio, depositi del legname.
Nel 1783 il monastero viene soppresso e utilizzato come magazzino militare e poi sede del Tribunale di Giustizia.
Con la Restaurazione l’immobile diventa sede dell’Educandato delle Fanciulle, affidando la trasformazione dell’edificio a Domenico Marchelli che ne uniforma il prospetto sulla via Emilia in stile neoclassico, inserendolo nel ben più vasto progetto di abbattimento dei portici della via Emilia.
L’ingresso al complesso monastico, originariamente sul sagrato della chiesa, viene collocato sulla via principale separando definitivamente chiesa e monastero.
Subito dopo l’Unità d’Italia l’edificio viene trasformato in caserma militare, vengono tamponate le arcate del chiostro piccolo e vengono costruiti una serie di casamenti nell’area un tempo destinata ad orti.
Il recente restauro ha eliminato le tamponature e ha cercato di riportare il complesso alla sua foggia originale.
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