Out of control
Interpretazione, tecnologia, segreto, propaganda, controllo: a Palazzo Da Mosto sette fotografi internazionali colgono le “linee di fuga” della contemporaneità.
“Agire contro il tempo e in tal modo sul tempo a favore, mi auguro, di un tempo a venire”. Così nel 1878 Friedrich Nietzche concludeva la sua celebre Considerazione sull’utilità e il danno della storia per la vita e delineava un concetto e una condotta nuovi: l’inattuale. Se vogliamo cogliere la natura reale del nostro tempo non dobbiamo rivolgerci ai segni più immediati, vincenti, noti. Essi sono per noi come la luce di una stella, la rappresentazione di qualcosa di morto. Piuttosto dobbiamo guardare a quello che ancora non splende e non appare in primo piano, che sembra incomprensibile, sconfitto o addirittura sorpassato. Questo è l’autentico contemporaneo, la cifra del domani.
La ricerca dei fotografi ospitati a Palazzo Da Mosto si muove su queste coordinate: scavalcare, aggirare o superare le superfici, penetrare nel meccanismo dei dispositivi sociali, politici ed estetici odierni e farli “parlare”.
Il cielo in una stanza
Lo scrittore francese Georges Perec si accomodò per un paio di giorni a un tavolino di un bistrot all’angolo di una strada di Parigi annotando tutto quello che accadeva davanti ai suoi occhi: gesti ed eventi minimi, banali, insignificanti il cui accumulo ossessivo componeva ed esauriva un mondo.
Il fotografo svizzero Daniel Blaufuks ha compiuto con Attempting Exhaustion un gesto simile nella propria cucina di Lisbona fotografando per sette anni, giorno dopo giorno, una finestra e un tavolo su cui si avvicendavano oggetti, riti e mutamenti “atmosferici” della quotidianità. Così il cambiamento agisce paziente dietro l’apparenza, l’immobilità diviene, come il silenzio, qualcosa di relativo, lo spazio privato si trasforma in un pianeta abitato da un popolo di variazioni.
Un algoritmo ci seppellirà?
Alessandro Calabrese prende le mosse dalla letteratura. A Failed Entertainment era il primo titolo del romanzo-mondo Infinite Jest di David Foster Wallace. Il fotografo italiano si è misurato con la proliferazione delle immagini in Rete e con l’offuscamento del confine tra autorialità e anonimia digitale. Scatti in pellicola realizzati a Milano tra il 2012 e il 2015 sono stati immessi nel motore di ricerca di Google. Qui si sono “ibridati” con altre immagini associate dall’onnipotente algoritmo. Il risultato, mediato di nuovo dall’artista, è un materiale composito e mutante in cui l’origine e l’orientamento sembrano definitivamente cancellati. In realtà, come in uno specchio, esso ci restituisce le sembianze iper-reali del nostro tempo.
Global voyeur
L’onnipotenza delle tecnologie informatiche può essere attraversata nelle maniere più imprevedibili. Lo zurighese Kurt Caviezel da sedici anni scatta foto in tempo reale a partire da webcam sparse in tutto il globo e agevolmente accessibili in Rete dalla scrivania. Il suo archivio ammonta attualmente a 4 milioni di “pezzi”. In Wallpapers ha utilizzato lo sterminato patrimonio come… carta da parati. Queste straordinarie realizzazioni possono presentare tendenze algoritmiche alla stregua dei Big Data oppure costituire un’illustrazione dei luoghi del vivere anonimo e casuale. Un’interminabile riproduzione 1:1 del mondo, ma anche un modo per convocare il fuori nell’interno della propria stanza.
In secret we trust
In una realtà dove trasparenza e simultaneità sono invocate dall’opinione pubblica e apparentemente realizzate dalle tecnologie digitali, la logica del segreto ha raggiunto una pervasività come mai, probabilmente, si era verificato nella storia. A partire da questa considerazione Edmund Clark e Crofton Black hanno compiuto una ricerca “archeologica” tra le pieghe nascoste della lotta della CIA al terrorismo. Il primo è un fotografo pluripremiato che ha lavorato su argomenti “caldi” come Afghanistan e Guantanamo. Il secondo si occupa di sicurezza, censura, propaganda come storico, giornalista e investigatore. Durato cinque anni, il percorso di Negative Publicity: Artefacts of Extraordinary Rendition si svolge tra immagini, luoghi e documenti sul terreno indistinto dove il diritto evapora per lasciare spazio allo “stato d’eccezione”.
Ci vuole un fisico…
Se, come sostiene un famoso sociologo, la nostra epoca è contraddistinta dalla liquidità, molte certezze sono destinate a svanire. O a divenire, molto più semplicemente, delle probabilità. Nella fisica quantistica questo era stato teorizzato un secolo fa. In uno dei suoi più celebri rappresentanti, Wolfgang Ernst Pauli, la scienza era arrivata a coincidere con il personaggio: ogni volta che il grande teorico entrava in un laboratorio gli strumenti sembravano impazzire e gli esperimenti fallire. O almeno questo è quello che si racconta…
Il francese David Fathi, studi di matematica, ingegneria e informatica alle spalle, è partito da questa leggenda per proseguire la sua ricerca sui limiti dell’interpretazione. Lo ha fatto costruendo Wolfgang, una “storia” ambientata nel Cern di Ginevra dove sembra continuare a perdurare “l’effetto Pauli”…
Il (di)segno del potere
“Dove si fa violenza al linguaggio è già iniziata la violenza sugli umani”, scriveva Italo Calvino. Se la propaganda non si limita a celare o sfigurare la verità, ma prelude alla forza che si esercita direttamente sugli individui, un atteggiamento “politico” verso di essa può consistere nel ribaltarne lo sfregio. Incidental Gestures di Agnès Geoffray parte da immagini d’archivio che rappresentano le vittime per trasformarle attraverso un atto di manipolazione in cui l’originale viene ritoccato, falsificato, reinventato. La nuova “fotografia” si pone così su di un nuovo terreno: la presunta innocenza non può essere ristabilita, ma attraverso questo gesto consapevole di ribellione il “sopruso” può essere denunciato e, in qualche modo, lenito.
Casa dolce casa
Gli ambienti domestici sono il teatro del quotidiano, restituiscono le coordinate dell’identità comune, segnano un confine con tutto ciò che sta fuori… O forse è quello che siamo abituati a pensare, allo stesso modo in cui stabiliamo una corrispondenza tra la realtà e il contenuto di una foto. Il lavoro di Teresa Giannico si misura con queste illusioni in Lay out. Fotografie di annunci immobiliari su internet vengono trasformate in diorami, a loro volta utilizzati come base per la realizzazione di plastici dove sono riprodotti mobili e oggetti. A questo punto un nuovo scatto fissa l’inedito accostamento. Il risultato? Immagini “semplici” e “naturali” che possono rappresentare le case di un uomo del XXI secolo. In realtà esse non esistono, non sono abitate da nessuno…. oppure è proprio questo nulla a “riempirle”?
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