On the road again

Trent’anni fa la mostra Esplorazioni sulla via Emilia fece epoca: Barbieri, Basilico, Fossati, Ghirri… Da allora è trascorso un mondo. Sette autori di oggi testano questi cambiamenti in un confronto con i “grandi” che li hanno preceduti… sulla strada.

 

Sarà la sua dimensione orizzontale, la sua collocazione centrale nella penisola, la presenza costante del fiume, ma la via Emilia si è costruita, da Guccini ai CCCP, una sua dimensione epica fatta di viaggi, canzoni, fughe, utopie.
Accanto a questa c’è anche la storia di un’evoluzione rapida – dal mondo contadino a quello industriale fino a quello (immateriale, liquido, multiculturale) di oggi – che reca ancora i segni e le ipoteche di un passato ultra-millenario. Per chi ci vive in mezzo è qualcosa di famigliare e noto, ma non per questo conosciuto. Da queste premesse nacque uno storico progetto che vide insieme fotografi, artisti visuali, musicisti e scrittori: Esplorazioni sulla via Emilia raccontava i cambiamenti di questo tracciato che come un serpente sinuoso, per parafrasare il Conrad di Cuore di tenebra, si sviluppa da ovest a est, dal Tirreno all’Adriatico. E ritorno.

 

La mostra ai chiostri di San Pietro ripropone gli “ingredienti” dello storico allestimento del 1986: materiali, provini, video. E le foto di Olivo Barbieri, Gabriele Basilico, Vincenzo Castella, Giuseppe Chiaramonte, Vittore Fossati, Luigi Ghirri, Guido Guidi, Mimmo Jodice, Klaus Kinold, Claude Nori, Cuchi White, Manfred Willman. Una svolta nel modo di concepire la fotografia di paesaggio.

 

Le Nuove esplorazioni, sette produzioni originali curate da Diane Dufour, Elio Grazioli e Walter Guadagnini, radunano alcuni dei più interessanti fotografi europei, come il francese Alain Bublex. Forte di una pluriennale esperienza di designer in una casa automobilistica, Bublex ha ripreso la via Emilia come riserva di pensieri, desideri e proiezioni legate ai veicoli che la percorrono.
Stefano Graziani lavora sulle relazioni testo-immagine e sulle rappresentazioni del paesaggio che si sono consolidate nel nostro sguardo. Antonio Rovaldi si affida, invece, al cortocircuito di un nome: la sua Modena si trova nel deserto dello Utah. Un piccolo avamposto della conquista del West, oggi abbandonato, una strada che oggi non sembra portare a niente.

 

Davide Tranchina guarda alla via Emilia come a un’immensa strada di decollo per il passato e per il futuro: i segni e le stratificazioni del tempo sono attraversati da una luce “cosmica” che innalza le possibilità del viaggio a dimensioni siderali e ribalta i punti di vista. Paolo Ventura si affida a una scomposizione e ricomposizione geometrica: a caratterizzare l’ambiente emiliano sono linee che divergono, concorrono, si incrociano.
I video di Sebastian Stumpf presentano una percezione “anomima”, memore del cinema muto: i non-luoghi delle ripetitività contemporanea. Ma il quotidiano è spezzato dal transito apparentemente casuale di figure umane mentre la camera rimane immobile. Lorenzo Vitturi si immerge nella contaminazione: fotografia, scultura, scenografia, performance. È un modo per fissare la complessità e offrirla come enigma, problema e spettacolo. Perché la via Emilia è anche un’enorme raccolta di segni che si mostrano e ci plasmano.

 

Le mostre 1986. Esplorazioni sulla via Emilia e 2016. Nuove Esplorazioni saranno visitabili a Reggio Emilia dal 6 maggio al 10 luglio.

 

ULTIME DAL BLOG

 

Nessun commento

Commenti chiusi.