Speciale diciottoventicinque

SPECIALE DICIOTTOVENTICINQUE 2023
STACCANDO L’OMBRA DA TERRA

a cura di Elena Mazzi

 

partecipanti:
Donato Caggiano, Fabio Celot, Edoardo Di Benedetto, Aurora Fea, Francesco Paolo Gassi, Susanna Giancristofaro, Isaia Montelione, Giorgia Pastorelli, Erica Pierri, Anita Shulte-Bunert

 

Staccando l’ombra da terra prende le mosse dallo studio di un’area specifica del territorio reggiano: Il Campovolo, e da un libro di Daniele del Giudice, a cui fa riferimento il titolo del progetto.

 

L’aeroporto di Reggio Emilia, anche detto Campovolo, nasce come pista di prova per i prototipi delle Officine Meccaniche Reggiane, una famosa azienda italiana nata all’inizio del Novecento per produzione ferroviaria e di proiettili d’artiglieria e divenuta famosa sul finire degli anni Trenta per gli aerei da caccia.
Da qualche anno è diventato luogo ibrido, utilizzato per diverse attività, da diversi pubblici, di diverse nazionalità.

 

Partendo da letture collettive che riguardano il tema del volo, del campo aperto, e del perdersi in luoghi specifici, i partecipanti sono stati invitati a trovare la loro personale lettura del luogo indicato, focalizzando l’attenzione sull’identità dello spazio aereo e sulle sue caratteristiche identitarie, sulle particolarità che questi spazi comportano a livello di stato-nazione, e sulle varie realtà e comunità che frequentano l’area terrena corrispondente.

 

Il risultato è quello di un manuale di volo condiviso, che assume forma ibrida, a metà tra libro d’artista, manuale tecnico, atlante geopolitico, rivista, fanzine e diario, con contributi testuali e visivi.

 

Ascolta le parole della tutor Elena Mazzi

 

 

Ai Chiostri di San Domenico è disponibile la pubblicazione realizzata a conclusione del percorso. Ritira la tua copia!

 

Giorni senza fretta

 

Quello di volare è da sempre stato il sogno per eccellenza dell’uomo, ma certe persone possono definire il volo come la loro realtà: i piloti.

C’è chi vola per viaggiare, chi per ammirare il panorama, chi lo fa per il brivido o semplicemente per il bisogno di farsi trasportare in un’altra dimensione. Ogni ragione è valida per ritrovarsi nel weekend a saltare su un ultraleggero alla “Top Gun”, la scuola di aviazione di Reggio Emilia, situata nell’area del Campovolo.

Piloti per mestiere, piloti per svago o anche non-piloti, poco conta: ogni socio della scuola è guidato solamente dalla passione. Ho avuto l’occasione di parlare con alcune di queste persone e l’entusiasmo nel descrivere la loro realtà mi ha convinta a voler raccontare di questo mondo a tanti così estraneo.

Le foto vogliono documentare le giornate alla Top Gun, ritraggono alcuni dei soci e raffigurano situazioni tipo, la preparazione al volo, l’attesa del bel tempo, i giorni senza fretta.

 

Orientamento. 

Appunti visivi e di esplorazione di un luogo nuovo 

 

L’avvento delle mappe digitali ci permette di conoscere sempre dove siamo nel  mondo, ci rivela la nostra posizione in tempo reale.

Oggi possiamo arrivare da un punto ad un altro senza prestare particolare attenzione alla strada che percorriamo, senza conoscerla; possiamo raggiungere le nostre destinazioni senza studiare il percorso in anticipo, ma non  possiamo perderci.

Ho camminato lungo il perimetro del Campovolo affidandomi soltanto ai cartelli e ai racconti di questo posto, passando per boschi poi asfalto poi sterrato,  circoscrivendone il tracciato.

La mia ricerca indaga la capacità di orientarsi come consapevolezza della reale situazione in cui un soggetto si trova, rispetto al tempo, allo spazio e al proprio io.

Il risultato di questo percorso è la scomposizione dell’anello in porzioni ben definite, dove lo strumento della mappa per eccellenza crea un dialogo con il  territorio, rivelando i confini di uno spazio tanto aperto quanto delimitato.

Bello qui, non è vero?

 

Il Campovolo è il luogo di una continua trasformazione. Il suo spazio evoca una moltitudine di percezioni, spesso in contrasto tra di loro: un senso di dinamismo e di staticità, di libertà e di prigionia, di vita e di desolazione. 

L’impossibilità di identificare univocamente l’essenza di questo luogo è ciò che lo rende straordinario. Sospeso tra ciò che era e ciò che sarà, il Campovolo si mostra come uno spazio di mezzo. Non ha ingombranti caratteristiche che lo condannano ad un’unica funzione, esso si reinventa costantemente. La sua immagine si presta sempre a nuove possibilità di percezione. Così lo spazio si adegua ad esse, diventando a sua volta luogo di nuove realtà. La storia del Campovolo ne è la prova. Nato come pista di prova per i prototipi delle Officine Meccaniche Reggiane, ora è diventato un non luogo di partenza per un viaggio intimistico di chi calpesta quel suolo.

Ai confini di una cultura

 

In Cina, la produzione agricola rappresenta da sempre una parte importante del commercio e della cultura. Il mio lavoro, frutto del percorso formativo “Speciale 18/25” del festival Fotografia Europea, volge lo sguardo verso la realtà degli orti abusivi costruiti dalla comunità cinese della città di Reggio Emilia in corrispondenza dell’anello del Campovolo, vicino  il corso del fiume. Per la buona riuscita del progetto è stato fondamentale entrare in contatto con la comunità ancor prima di realizzare gli scatti affinché la mia  presenza non risultasse invasiva. Dopo alcuni pomeriggi trascorsi con queste persone sono riuscito, anche grazie l’aiuto di un interprete, a comunicare con alcuni di loro ottenendo la possibilità di fare qualche ritratto.

Gli orti vengono frequentati maggiormente la domenica quando queste persone non sono impegnate con il loro lavoro e possono quindi dedicarsi all’attività agricola. Ogni orto tendenzialmente appartiene ad una famiglia differente, il che  rende ogni “zona” autonoma e al contempo parte di un sistema molto più grande.

 

Il Gioco Dell’Anello / L’ Anello

Descrizione del progetto ideato da Erica Pierri e Susanna Giancristofaro

 

L’anello frastagliato ed imperfetto del Campovolo è lungo circa sei chilometri e mezzo, delimitato da elementi che impregnano l’atmosfera, dal suolo della terra al cielo e i labili confini posti nell’aria. Attraversando tali elementi gli attori sociali sono coinvolti in una lettura guidata del paesaggio tramite nuovi segni che marchiano raccordi già esistenti dell’anello.

Nella nostra visione esso diventa metafora della condizione umana, e dei “percorsi” che ciascuno di noi è portato ad intraprendere durante la propria vita. Con la nostra forma ben definita ci addentriamo a passi sicuri lungo una via tracciata, solo per scoprire, poco più in là, che la strada non è dritta come pensavamo, ma piena di buche, solchi, oggetti che non ci appartengono e che ci osservano estranei.

Si crea potenzialmente un Terzo Paesaggio, come lo definisce Gilles Clément, in cui si alternano e si fondono residui e riserve, valicando la soglia dei limiti e svaligiando la questione del confine. L’amorevole armonia della discontinuità è soggetta a un paradosso che dipende dal carattere imprevedibile di questi intra-luoghi.

Provocando una terza realtà, partecipando, abitando e conversando, il Campovolo è un luogo elastico, il cosmo che racchiude all’interno di sé e ciò che gli sta attorno influenzano lo spazio e il tempo a tal punto da farlo obbedire ad una singolare legge fisica:

per deformare una molla di costante elastica K di una certa quantità X bisogna esercitare una forza contro quella elastica di richiamo che tende a riportare la molla stessa in condizioni non deformate.

Camminare diventa rito che permette la nostra trasformazione in cui il nostro punto di equilibrio esiste solo in funzione del suo allungamento. Anche noi ci allunghiamo e ci comprimiamo dandoci la possibilità di perderci all’interno di un luogo altro, esterno alla città, in cui le uniche presenze che ci accompagnano sono le ombre degli aerei e di chi li guida.

 

Testi in Prosa

Gli elementi naturali si fondono alla

meccanica organizzata

il suono dell’erba secca

segue il corso del rombo sordo degli aeroplani

lo spazio dell’aria

si comprime su quello occupato dalla terra

e si estende

per chilometri

la molla ritorna al suo stato

Non deformato.

Di cangianti paracadutisti,

i loro zaini sbocciano

in volo sono fiori esotici

la manovalanza si percepisce dagli esili ponti

collegati al sentiero, alla realtà.

Sinergia con l’edera, col blu bianco dell’arena

con la tassellatura della recinzione ferrea

è uno spazio concentrante l’essenza

di una disposizione umana tra le piste.

 

Erica Pierri

Partire di casa.

Alzare lo sguardo da terra

Per rivolgerlo solo davanti a sé, o sopra.

Guardare la propria forma conosciuta

Che nello spazio frastagliato e circolare

Diventa estranea, malleabile, priva di confini,

Mobile.

Osservare il ricordo della forma precedente

Che riverbera dei suoi passati.

Osservarlo mentre si espande.

Avere paura di poter essere altro.

Avere fiducia nei propri passi e nel loro peso.

Susanna Giancristofaro

 

Mani in aria

 

“Nella storia hanno mandato diversi animali nello spazio, ma una scimmia o un cane che montano un aeroplano non li ho mai visti.” (anonimo)

Restaurare velivoli d’epoca. C’è chi ci mette i soldi e chi le mani, facendo fruttare l’esperienza maturata in decenni di lavoro in Aeronautica Militare o presso altri enti dell’aviazione. Da una lamiera a un aereo vero. Trovare la fusoliera, smontare tutto, rifarsi ai manuali. Con le mani, e occhio a ciò che è marcio: mica si può ricomprare. Cercare nel mondo rarissimi pezzi da collezione. Di quell’aereo ne avevano costruiti pochissimi esemplari. Ci avranno fatto le pentole dopo la guerra.
Pezzo per pezzo, anno dopo anno, l’apparecchio prende forma. Ci vuole pazienza. È un lavoro di squadra, ognuno è specialista nel suo campo. Si chiamano motorista, elettroavionico, strutturista, montatore, ma di fatto lavorano di concerto per veder decollare i loro manufatti. Sono lì per passione, hanno fatto questo lavoro per tutta la vita, non li fermerà la pensione. Perché il sogno di volare nasce nella testa dei bambini, e quando scatta quella scintilla lì la vita non ha più il coraggio di svegliarli.

Reggio Emilia, marzo 2023.

Grazie a Riccardo, Aldo, Dario, Valter e Vittorio per avermi dato l’opportunità di raccontare un pezzetto della loro storia.

 

Che cosa definisce l’identità di un luogo?

 

Questa è stata la domanda da cui siamo partiti per il nostro progetto dal titolo “Aria aperta”.
Il Campovolo si estende lungo un vasto perimetro a forma di anello situato vicino alla stazione centrale di Reggio Emilia.
A causa delle sue dimensioni non si lascia a facili scoperte ed interpretazioni. Infatti percorrendo l’intero anello si scoprono tante realtà diverse che formano micromondi a sé stanti capaci di autoalimentarsi. Per questo abbiamo analizzato il Campovolo nella sua totalità. La scuola di volo, i campi di cricket, gli orti, il bosco macrobiotico, vola fenice sono alcuni dei luoghi che abbiamo deciso di analizzare e fotografare per raccontare il Campovolo.

Ci siamo calati nei panni degli agricoltori aiutandoli nei campi, abbiamo tifato Reggio Emilia durante una partita di cricket, siamo entrati nella torre di controllo e abbiamo camminato lungo il percorso CAI. Il risultato è un reportage che coinvolge tutti questi micromondi tenuti insieme dall’Anello, che in questo caso assume il suo significato simbolico di unione e coesione.

L’unione di diverse realtà è sottolineata anche dalla diversità dello stile che caratterizza noi come artisti e fotografi.
La luce dura e violenta del flash entra immediatamente in contrasto con la morbidezza del bianco e nero, restituendo un effetto che confonde chi guarda, e spiega visivamente il contrapporsi delle realtà diverse che si affiancano le une alle altre come fanno in questo luogo le nostre fotografie.

 

Che cosa definisce l’identità di un luogo?

 

Questa è stata la domanda da cui siamo partiti per il nostro progetto dal titolo “Aria aperta”.
Il Campovolo si estende lungo un vasto perimetro a forma di anello situato vicino alla stazione centrale di Reggio Emilia.
A causa delle sue dimensioni non si lascia a facili scoperte ed interpretazioni. Infatti percorrendo l’intero anello si scoprono tante realtà diverse che formano micromondi a sé stanti capaci di autoalimentarsi. Per questo abbiamo analizzato il Campovolo nella sua totalità. La scuola di volo, i campi di cricket, gli orti, il bosco macrobiotico, vola fenice sono alcuni dei luoghi che abbiamo deciso di analizzare e fotografare per raccontare il Campovolo.

Ci siamo calati nei panni degli agricoltori aiutandoli nei campi, abbiamo tifato Reggio Emilia durante una partita di cricket, siamo entrati nella torre di controllo e abbiamo camminato lungo il percorso CAI. Il risultato è un reportage che coinvolge tutti questi micromondi tenuti insieme dall’Anello, che in questo caso assume il suo significato simbolico di unione e coesione.

L’unione di diverse realtà è sottolineata anche dalla diversità dello stile che caratterizza noi come artisti e fotografi.
La luce dura e violenta del flash entra immediatamente in contrasto con la morbidezza del bianco e nero, restituendo un effetto che confonde chi guarda, e spiega visivamente il contrapporsi delle realtà diverse che si affiancano le une alle altre come fanno in questo luogo le nostre fotografie.

 

Innesti

 

(Innesto: pratica agronomica che prevede la fusione di due corpi differenti all’interno di uno solo, creando dunque uno spazio co-abitato da due esseri viventi).

A primo impatto, il Campovolo di Reggio Emilia si presenta come un territorio vasto e vuoto, un paesaggio desolato dove il tempo sembra scorrere in maniera diversa.
Quando ci si ferma lungo la strada tutto quello che si ha di fronte è una linea precisa che separa la terra ed il cielo.

In questo sottile confine desolato spiccano gli orti di Giovanni e Salvatore, due agricoltori che portano avanti la loro passione per le colture e che grazie a queste mantengono vivo il rapporto con la loro terra d’origine. Nonostante entrambi si siano appropriati dei loro spazi in maniera autonoma, il lavoro e la cura che i due mettono nei propri orti sembrano contrapporsi ad una società che solo a pochi metri da lì trangugia spazio e tempo, trasformando quegli angoli di campo in una nuova dimensione, opposta a quella che viviamo tutti i giorni.
Il limite che emerge nel Campovolo legittima questi spazi impropri dove la vita ritorna ad avere una forma ciclica, innestando un nuovo legame che da una cesura ritrova le sue radici.

Sede

Chiostri di San Domenico
via Dante Alighieri 11
Reggio Emilia

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Orari

28 aprile 2023 - 11 giugno 2023
giornate inaugurali
28 aprile › 19-23
29 aprile › 10-23
30 aprile › 10-23
1 maggio › 10-20

dal 3 maggio all'11 giugno
mercoledì, giovedì › 10-13/15-19
venerdì, sabato, domenica e festivi › 10-20

Categoria
Chiostri di San Domenico