L’Or des ruines
Attraverso l’esplorazione di un modo di sussistenza alternativo nella zona periurbana, L’Or des ruines segue raccoglitori e raccoglitrici alla ricerca di prodotti naturali ai margini delle aree coltivate o all’interno di spazi incolti.
Che abbia origine dalla precarietà o dal desiderio di avere un rapporto più diretto con la natura, la pratica della raccolta, per quanto marginale, rappresenta per Geoffroy Mathieu l’occasione di un’indagine antropologica, che amplia il lavoro di Anna Lowenhaupt Tsing sul matsutake, un fungo che cresce “sulle rovine del capitalismo”. Qui, more, ciliegie, funghi, erbe aromatiche come l’alliaria o medicinali come l’artemisia fanno parte dei gioiosi ritrovamenti di una raccolta solitaria, in gruppo o con la famiglia.
Attraverso le sue immagini, Geoffroy Mathieu disegna i ritratti in movimento di questi “glaneurs et glaneuses”, per riprendere un titolo di Agnès Varda. Il complesso mostra tutta una varietà di piante e saperi legati alla raccolta: Sina raccoglie la silene bianca a Villiers-le-Bel, Emmanuelle l’erba di San Giovanni a Bondy, mentre una famiglia cinese sa valorizzare la borsa di pastore e Jying e Yuannyan riconoscono l’aglio selvatico a Orsay.
Gradualmente, le immagini costruiscono un racconto che segue il cammino ai bordi di un campo, lungo una staccionata poco curata, nei pressi di una strada principale o tra le rotaie del treno.
Quello che emerge è un popolo eterogeneo di persone, pronto ad attraversare ancora una volta lo spazio urbanizzato e naturale, motivato da uno scopo che ridistribuisce i punti di interesse e offre una visione alternativa dei mezzi di sussistenza, in margini generosi.
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