The Iceberg
a cura di Paola Paleari
Internet può essere rappresentato come un iceberg: la punta raffigura il “Surface Web”, ovvero quel territorio digitale che tutti noi conosciamo e dove navighiamo quotidianamente; la parte sommersa dell’iceberg, pari a più del suo 90%, rappresenta invece il “Deep Web”: un vastissimo network criptato che sfugge ai motori di ricerca e in cui vige la totale anonimità. Uno spazio accessibile solo attraverso specifici software, dove praticamente nessuna azione è tracciabile.
Nei meandri di questo non-luogo, emerge un complesso e strutturato business online di materiale per lo più illegale che segue le tradizionali regole di marketing: quasi tutte le migliaia di inserzioni pubblicate sono accompagnate da fotografie, nel tentativo di catturare l’attenzione del visitatore e rendere riconoscibile il proprio stile. Probabilmente scattate dagli stessi venditori, le immagini selezionate sono inedite e anonime e dal carattere spesso esotico e surreale. Destinate ad autocancellarsi esaurita la loro funzione, non sono rintracciabili nel web tradizionale, ma vivono solo temporaneamente nel Deep Web.
Nell’installazione di The Iceberg, queste fotografie vengono presentate come oggetti invisibili: stampate con degli inchiostri speciali, possono essere rivelate e fatte apparire solo attraverso una luce ultravioletta. La stessa luce spesso impiegata per cercare tracce di droga, in questo caso è necessaria per rivelare una rappresentazione della droga stessa. Al visitatore verrà infatti chiesto di navigare in una stanza buia ed esplorare le profondità di questo anti-archivio sommerso e temporaneo attraverso una torcia UV fornita all’ingresso. Ad intervalli regolari una luce bianca illuminerà lo spazio che risulterà apparentemente vuoto, ad eccezione di alcune stampe: anch’esse utilizzate per illustrare inserzioni di droga, sono però immagini di pubblico dominio che nel Deep Web assumono un diverso significato e rappresentano un punto di congiunzione tra i due mondi.