VIETATO…non fotografare
Al confine tra il sotterraneo e l’aereo, tra il lecito e l’illecito, tra la notte e l’alba, tra la fotografia rubata e quella condivisa, un gruppo di “place hackers” secondo alcuni o di “annoiati coraggiosi” secondo altri, si aggira nei luoghi più desueti ed improbabili di una grande città, sporgendosi sino al limitare.
Mano mano, piede piede. Arrampicandosi sullo Shard London Bridge, strisciando nei condotti sotterranei ormai abbandonati della Tube, calandosi nei dismessi condotti fognari londinesi di Joseph Bazalgette’s. Mano mano, piede piede. Giù nella Kingsway telephone exchange, la centrale di comunicazione sotterranea risalente alla guerra Fredda e ancora più giù, fino all’annesso bar degli impiegati, il più profondo del Regno Unito.
Arrampicandosi, strisciando, calandosi: Bradley Garrett e i suoi, sotto l’imperativo “Explore Everything” hanno reinterpretato lo studio socio-geografico delle città travestendolo da sport estremo e accendendo un dibattito sulla chiusura dell’accesso agli spazi pubblici.
L’idea che sta dietro all’esplorazione urbana, dice Garrett, all’epoca ricercatore americano di geografia ad Oxford, è rivelare ciò che nel mondo è nascosto e per questo dimenticato. Lo scopo dell’esploratore urbano tuttavia non è solo esplorare, ma anche fotografare per condividere.
Qual è dunque il confine tra spazio pubblico e spazio privato? Quale il limite della propria responsabilità? Notte come pericolo e spazio di conflitto o come possibilità che è un diritto esplorare?
La “disquisizione pratica” su questi temi costituita di svariati “trespassing” (violazioni di domicilio/sconfinamenti) è costata cara a Bradley Garrett che, bloccato sull’aereo in rientro a Londra, è stato arrestato ed accusato di cospirazione con l’obiettivo di compiere atti criminali, costretto poi per due anni a non lasciare l’Inghilterra in attesa di processo.
Il passatempo di Garrett era parte di uno studio etnografico sull’esplorazione urbana che riuniva l’esito di quattro anni di ricerche e escursioni off limits. Computer, telefono, macchine fotografiche, materiali di studio, immagini. Tutto sequestrato. Nessuno scatto era stato autorizzato, ma Garrett non reputava necessaria alcuna autorizzazione.
“Chi è responsabile se ti fai male laggiù ? ” diceva la British Transport Police, “Se mi infortunio è colpa mia, ma non è questo il punto. Quello che svolgo, esplorando e fotografando, è un servizio pubblico” diceva Garrett. Il punto infatti, secondo Garrett è che “tutto è cominciato dagli scatti di luoghi che non si voleva fossero fotografati”.
Tra l’attenzione dell’opinione pubblica e la solidarietà del mondo accademico, passano due anni di lontananza dalla famiglia, di relazioni interrotte, di lavori persi. Finalmente il caso giunge alla corte e in pochi giorni si sgonfia. Garrett patteggia per non finire in carcere con un’operazione da lui definita di “face-saving” per entrambe le parti.
Quelle incredibili fotografie trovano ora spazio in diverse pubblicazioni tra cui: Subterranean London. Cracking the Capital e London Rising. Illicit photos from the city’s heights (in uscita).
Garrett prosegue il suo disincantato percorso di geografo sociale mirato, spiega lui, non a riconquistare spazi perduti, sottraendoli a quelle forze che cercano di tenerli nascosti, ma a rendere trasparenti le qualità emotive del sotterraneo. In un processo di rimitologizzazione che tocca “l’essere città” e inevitabilmente ci coinvolge.
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