L’atlante: tutte le immagini del mondo
Il catalogo, l’archivio, la mappa: ovvero l’artista come esploratore
Se il collezionismo è una forma di lotta sul tempo e contro il tempo, il catalogo ne è la sua estensione alle dimensioni del mondo. Un catalogo di immagini ha un’ambizione ancora più alta. Diventa una mappa: dare un senso ai propri spostamenti. Fisici e mentali. Ma anche la mappa può portare a smarrirsi…
Un po’ come succede a Jed Martin, l’artista protagonista del romanzo di Michel Houlbeque La carta e il territorio, che raggiunge il successo prima con la riproduzione fotografica delle carte stradali Michelin:
L'essenza delle modernità, dell'apprendimento scientifico e tecnico del mondo vi si trovava mescolata con l'essenza della vita animale. Il disegno era complesso e bello, di una chiarezza assoluta, utilizzando soltanto un codice ristretto di colori. Ma in ogni frazione, ogni villaggio, rappresentati secondo la loro importanza, si sentivano il palpito, il richiamo di decine di vite umane, di decine o di centinaia di anime – le une destinate alla dannazione, le altre alla vita eterna.
La mappa per eccellenza è l’Atlante. Il suo nome rimanda al titano che sulle proprie spalle reggeva la volta celeste; la sua origine alle prime descrizioni grafiche delle costellazioni. Con Aby Warburg, negli anni Venti del Novecento, l’Atlante della Memoria – il celebre Mnemosyne – diventa un modo per “dire” il mondo attraverso le immagini.
Dalla metà degli anni Sessanta Gerhard Richter colleziona fotografie, ritagli di giornale e schizzi. I materiali sono poi assemblati su tavole che nel corso degli anni hanno raggiunto quasi il migliaio. All’inizio doveva essere solo una documentazione in vista della realizzazione di quadri. Poi è venuta la necessità di archiviarli. Infine quella di ordinarli e presentali. Da strumento di lavoro questo gigantesco serbatoio di immagini è diventata un’opera in sé, metafora dell’impresa demiurgica dell’artista.
Un aspetto colto anche dagli svizzeri Peter Fischli and David Weiss nelle serie Visible World (1987-2001) e Views of Airports (1987/2012) basate su migliaia di fotografie racoolte in decenni: città, giungle, deserti, aeroporti, stadi, monumenti, montagne, spiagge tropicali… Una sorta di inconscio nell’era della mobilità di massa. Un archivio che prende vita e muta nei diversi allestimenti: un video di otto ore, un libro d’artista, un’installazione di pannelli al neon.
In imprese come queste oggettività e punto di vista singolare si scambiano. Ogni riduzionismo, ogni “fine della storia”, ogni “morte dell’arte” sembrano così solo annunci temporanei; il passaggio di un confine. Il “lavoro del pensiero” ha un’ampiezza paragonabile a quella del cosmo e su quella, retroattivamente, agisce.
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