10 anni di FE. Siamo stati qui #2: la chiesa dei Santi Carlo e Agata

Fin dalla sua prima edizione Fotografia Europea va alla scoperta dei luoghi più suggestivi della città, alcuni sconosciuti anche agli stessi cittadini. L’obiettivo è di valorizzare lo spazio urbano e il patrimonio storico-architettonico attraverso l’apertura straordinaria di edifici riqualificati e di spazi solitamente inaccessibili, con progetti di mostra e allestimenti site specific.

Le Mostre

La chiesa dei Santi Carlo e Agata è un piccolo oratorio, ora sconsacrato, nascosto tra i palazzi nel cuore della città.

Nel 2006 ha ospitato la mostra della fotografa Ceca Jitka Hanzlova, Migration, una produzione originale realizzata a Reggio Emilia. La fotografa si è concentrata sui nuovi cittadini immigrati usando il ritratto in stretta relazione con il paesaggio circostante.

...ho notato che in questa città, come succede oggi in quasi tutto il mondo, abitano moltissime persone immigrate. Ho deciso di seguire queste migrazioni, che rappresentano forse la cosa meno caratteristica di questa regione, così tradizionalista, e quindi mi occuperò non dei classici abitanti, ma dei nuovo soggetti, che oggi imprimono il loro segno sulla città, che spesso provengono dai luoghi più diversi e lontani e che qui cominciano una nuova vita, per le motivazioni più disparate. Vorrei cercare di seguire in questo piccolo luogo ciò che avviene nel mondo odierno: il mescolarsi delle nazioni.

Nel 2009 il milanese Franco Vimercati sceglie di rappresentare pochi oggetti che appartengono alla vita quotidiana: bottiglie di acqua minerale, il parquet, un ferro da stiro, un barattolo, un bicchiere, una zuppiera.
Oggetti fotografati usando la luce naturale, con una camera di grosso formato 20×25, in bianco e nero e stampati a contatto. L’oggetto si specchia nell’obiettivo e questo fissa l’oggetto. I tempi di posa in queste condizioni sono molto lunghi, a volte nell’ordine di minuti. Nella stanza tutto è in silenzio ed immobile perché la lastra possa assorbire con la massima precisione l’immagine rovesciata che l’obiettivo le trasmette.
Questo rito si ripete identico più volte nell’arco di qualche mese. Alla fine accostando le stampe accumulate man mano, si possono leggere le sottili differenze che la fotografia ha registrato tra una ripresa e l’altra. Il soggetto è un pretesto.

Quel che più conta per me in fotografia è fare la fotografia. E come per l’arte del tè anche la fotografia va “praticata con grande devozione ma anche con grande distacco”.

Nel 2010 è la volta di Richard Wenthworth con la mostra dal titolo Encounters.

Lo scultore inglese utilizza la fotografia come mezzo per documentare quella che può essere chiamata la “scultura di ogni giorno”: un pacchetto di sigarette incastrato sotto il piede traballante di un tavolo, una costruzione improvvisata per occupare il posto in un parcheggio, un secchio sistemato sul cofano di un’automobile a sostituire il fanale danneggiato in modo che possa ancora funzionare.

L’origine del mio lavoro fotografico sta nell’ “incontro”, il che significa che non ho mai cercato o inseguito i soggetti delle mie fotografie ma li ho sempre incontrati. Non si tratta di un progetto vero e proprio e non c’è mai stata l’intenzione di lavorare in modo illustrativo o in maniera descrittiva. Queste fotografie sono come una cronaca e riflettono differenti episodi della mia vita avvenuti in luoghi e tempi diversi.

Il luogo

La chiesa dei Santi Carlo e Agata (via San Carlo, 1), è un piccolo oratorio ora sconsacrato, risalente al Medioevo.
Venne radicalmente rifatta negli anni sessanta del XVII secolo su disegno del romano Luigi Bartolomeo Avanzini e sotto la direzione dell’architetto locale Girolamo Beltrami, dopo l’acquisizione da parte della confraternita di San Carlo e Sant’Agata.
Negli anni della Repubblica Cisalpina la confraternita venne soppressa e i beni confiscati. Divenne magazzino, bottega. Nel 1826 ritornò ad essere sede di confraternita. Dopo frequenti passaggi di proprietà e cambiamenti di destinazione d’uso, ora è di proprietà della curia vescovile di Reggio.
L’ingresso è sotto il porticato a serliana monumentale, sopra il portale è presente un affresco molto rovinato raffigurante Sant’Agata, mentre ai lati rimangono ancora due lapidi secentesche. All’interno arredi e dipinti sono stati rimossi, rimangono quattro statue di stucco raffiguranti la Giustizia, la Temperanza, la Prudenza e la Fortezza.

© Fabrizio Cicconi
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