Intervista a Margherita Guccione
Intervistata per noi da Laura Gasparini, responsabile della Fototeca della Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia e curatrice della mostra dedicata alla figura di Luigi Ghirri presente nella prossima edizione di Fotografia Europea, Margherita Guccione è direttore del Museo di architettura moderna e contemporanea del MAXXI (MAXXI Architettura) e curatrice di numerose e importanti mostre di architettura contemporanea. All’interno del MAXXI ha creato la sezione degli Archivi di architettura che conserva opere dei principali architetti del Novecento italiano.
Laura Gasparini: Come è nata l’dea di organizzare una mostra su Luigi Ghirri dal titolo Luigi Ghirri. Pensare per immagini. Icone paesaggi architetture?
Margherita Guccione: La mostra Luigi Ghirri. Pensare per immagini_ Icone, Paesaggi Architetture rappresenta un passaggio significativo nell’ambito dell’offerta culturale del MAXXI Architettura. Esprime l’idea di un’istituzione che, indagando su più temi, interconnette i tanti ambiti e linguaggi che ruotano intorno alle discipline architettoniche e urbane.
La ricerca che ha portato alla mostra dedicata a Luigi Ghirri è nata dalla consapevolezza del suo fondamentale contributo alla cultura contemporanea. Ghirri è a tutti gli effetti un innovatore, uno sperimentatore, il suo occhio ha prodotto una visione nuova della realtà, fondando un vera e propria estetica del paesaggio. Una visione del paesaggio potenzialmente strumentale alla trasformazione architettonica, capace di metterne a nudo le qualità e di interpretarne le criticità.
In occasione della mostra la fortunata collaborazione con la Biblioteca Panizzi ci ha permesso di avvicinarci a Luigi Ghirri, con un approccio a tutto tondo, sia attraverso la produzione fotografica ma anche alla sua figura di intellettuale, attraverso la sua biblioteca, i suoi scritti, il suo universo iconografico.
LG: Luigi Ghirri ha collaborato con i più importanti architetti italiani come Vittorio Savi, Aldo Rossi, Alberto Ferlenga, Paolo Portoghesi, Pier Luigi Nicolin e altri, e ha collaborato con le più significative riviste del settore come “Lotus international”. Credi che lo sguardo di Ghirri abbia contribuito sostanzialmente alla rilettura dell’architettura italiana del Novecento? In caso affermativo in che modo?
MG: Ti ringrazio per la domanda perché tiene conto di un tema che è uno degli assi portanti del Museo e che merita attenzione. La rilettura dell’architettura italiana del Novecento è una passaggio fondamentale che deve colmare un ritardo nella consapevolezza del valore dell’architettura italiana del secolo scorso, un patrimonio architettonico e storico-artistico che oggi è urgente riconoscere e tutelare. La grande sensibilità di Ghirri, la sua collaborazione con gli architetti, le sue immagini delle architetture del Novecento è un capitolo importante di questo processo. Nel 1983 Savi propone a Pierluigi Nicolin e Alberto Ferlenga della redazione della rivista “Lotus International” di far fotografare a Luigi Ghirri il cantiere dell’ampliamento del cimitero di Modena di Aldo Rossi. E’ un’immagine iconica, di straordinaria efficacia, quella del cubo rosso tra la neve del paesaggio invernale. Segna anche un’apertura all’architettura d’autore, che nel lavoro di Ghirri si sostanzia nell’idea di architettura e paesaggio in relazioni mutevoli, impreviste e imprevedibili, in un contesto di ordinaria quotidianità, che sembra rifuggere ogni aura monumentale. Si tratta di una chiave di accesso e di comprensione molto diretta, che sviluppa nuovi immaginari, i suoi effetti sono tutt’oggi molto rilevanti.
LG: Luigi Ghirri è stato molto attivo anche come curatore, in particolare nel promuovere ricerche sul paesaggio che vede protagonista anche l’architettura anonima, “geometrile” così come l’ha definita Gianni Celati. Dal tuo punto di vista, di direttore di un archivio, qual è stato l’apporto culturale di queste iniziative?
MG: Penso che Ghirri ci abbia insegnato un metodo, che ci abbia fornito con il suo modo di lavorare, di sviluppare progetti e intessere relazioni, uno strumento critico attraverso il quale sviluppare una comprensione più attenta e matura nel nostro lavoro museale.
Negli archivi degli architetti sono conservati appunti, disegni, progetti, documenti che testimoniamo non solo l’Architettura con la A maiuscola, ma i contesti, le voci, le realtà produttive, i paesaggi…in altri termini il mondo della realtà insieme alle fantasie architettoniche o ai pensieri più estremi e radicali. Guardare e studiare tutto ciò con occhi aperti e sgombri da pre-giudizi ci riporta a Ghirri e al suo insegnamento. In questo senso potremmo dunque dire che Ghirri non solo ci ha insegnato a guardare ma anche ad ascoltare.
Commenti chiusi.