approfondimenti sul tema/7
Concludiamo l’intervista a Riccardo Panattoni chiedendo al docente una riflessione sulla fotografia e sul percorso del festival fino ad ora.
Come può la fotografia, dal tuo punto di vista, trattare questi temi così concreti senza essere didascalica?
Nella sua apparente semplicità si tratta invece di una domanda molto complessa, che meriterebbe una lunga argomentazione per metterne in evidenza tutte le implicazioni che sottende. Cercando una via sintetica diciamo che le fotografie, come risaputo, dovrebbero essere esposte senza alcuna didascalia; appena quest’ultima appare è lei a dettare allo sguardo che cosa deve vedere, e l’immagine tende immediatamente a farsi esemplificazione iconografica di ciò che le parole indicano.
Questa consapevolezza del complesso rapporto tra linguaggio e immagine è sempre stata al centro del dialogo tra Elio Grazioli e me, tra un critico d’arte e un filosofo, dialogo che ha determinato in parte anche la peculiarità di Fotografia Europea. Questo dialogo ci ha spinti infatti a privilegiare per la Manifestazione un tipo d’interrogazione intorno alla fotografia in quanto tale, intesa, diciamo così, in forma “classica”; o per lo meno abbiamo sentito meno la necessità d’inoltrarci eccessivamente sulla componente di sperimentazione artistica presente, in modo significativo, nell’ambito della fotografia contemporanea.
La questione che ci ha maggiormente sollecitati non è stata tanto quella di seguire i diversi ambiti espressivi della fotografia, non ci siamo mai soffermati su motivi strettamente “estetici”, ma abbiamo cercato di mettere in evidenza come le fotografie siano in grado di declinare il nostro sguardo, di portarci a guardare in modo diverso la stessa realtà che viviamo. Tuttavia, dopo l’edizione dedicata alla città, abbiamo sentito il bisogno di intraprendere un percorso su temi più strettamente connessi alla fotografia e al suo medium, senza per questo rinunciare a tematiche capaci di aprirsi a riflessioni di più ampio respiro. Grazie all’esplorazione seguita in queste edizioni ci sembrava giunto il momento per provare ad affrontare di nuovo un tema più teorico e meno fotografico in senso stretto, senza per questo rinunciare al percorso fin qui intrapreso, anzi assumendolo fino in fondo.
Dunque più che rispondere alla preoccupazione presente nella domanda, di come evitare che le fotografie vengano assunte come semplici esemplificazioni iconografiche di una concettualità di tipo linguistico, abbiamo la convinzione che il lavoro fin qui svolto, attraverso le diverse edizioni di Fotografia Europea, ci garantiscano da questa eventualità. Certo, se questa è la speranza, credo che la vera sfida che questa nuova edizione mette in campo, sarà ancora la tensione tra il linguaggio e lo sguardo.
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