approfondimenti sul tema/5
Abbiamo incontrato Julia Draganovic, curatrice di origine tedesca che si è spesso occupata di partecipazione e interazione nell’arte contemporanea. Vicina al tema Vita comune, proprio per il suo percorso sulle strategie artistiche nello spazio pubblico, la Draganovic fa parte del comitato di curatori della prossima edizione del festival. Oggi pubblichiamo una prima parte dell’intervista.
Nella prossima edizione di Fotografia Europea, il tema Vita Comune sarà osservato da diversi punti di vista. Una componente fondamentale è sicuramente quella che riguarda gli aspetti di partecipazione e collaborazione. Queste ultime due parole ti sono particolarmente “care” e sono alla base del tuo progetto LaRete Art Projects e dell’esperienza di arte partecipativa. Ti va di parlarcene?
Volentieri! Il rapporto fra l’artista e il suo pubblico mi interessa da qualche tempo. Forse è iniziato nel periodo in cui ero responsabile del programma di “artist in residence”, un progetto del Comune di Weimar e della Galleria ACC, il Kunstverein di quella piccola cittadina tedesca che gode di un valore storico importantissimo. Dovevo organizzare il soggiorno pluri-mensile di artisti internazionali a Weimar, cittadina appena “uscita” dalla DDR. I cittadini, quindi, non avevano molta esperienza con gli stranieri. Per far sì che gli artisti potessero crearsi una rete di contatti in città si sono spesso sperimentate nuove strategie, che partivano dagli artisti stessi, per relazionarsi con persone che non erano esperte di arte. Con questi artisti ho fatto le prime esperienze di arte nello spazio pubblico, organizzando performance e alcune grandi installazioni fuori dagli spazi espositivi. Ricordo la scritta “Ersatz” fatta con cinque mila tulipani su un prato, al posto della copia della Gartenhaus (casa da giardino) di Goethe nel parco dell’Ilm, opera dell’artista americana Renèe Ridgway.
Il mio interesse si è intensificato nel momento in cui mi trovai a dirigere un piccolo museo negli Stati Uniti. Visto che i musei lì sono privati e hanno bisogno del sostegno dei visitatori, la questione di partenza di ogni programmazione è sempre “che rapporto vorrei stabilire con la comunità che vive attorno al museo?” Ho capito che gli artisti sono le persone migliori per trovare modi innovativi per coinvolgere la gente.
In Italia ho poi raccolto una serie di esperienze molto stimolanti lavorando al PAN di Napoli. Ho invitato artisti come la Taiwanes Shu Lea Cheang, il gruppo finger, Susanne Bosch con il progetto Il Centesimo Avanzato e Thierry Geoffroy aka Colonel con i suoi format “Critical Run” e “Emergency Room” per sviluppare progetti partecipativi.
Il ciclo di performance intitolato VIRES. Esercizio sul Potere, Esercizi di Scelta, sviluppato nel corso degli anni 2010 e 2011 da Maria Josè Arjona in Italia, negli Stati Uniti e in Colombia, che ho seguito insieme alla mia collega Claudia Löffelholz di LaRete Art Projects, è forse stata una delle esperienza più significative del mio percorso curatoriale. Maria Josè Arjona mi ha dimostrato quanto poco contano la forza fisica rispetto ai nostri limiti psicologici, liberando nel suo pubblico delle consapevolezze, energie ed emozioni talmente inaspettate che nell’arco del progetto mi hanno sempre lasciata sorpresa. L’obbiettivo di Maria Josè era di svelare la quantità di scelte possibili che ciascuno di noi ha, senza rendersi conto, non solo nell’ambiente protetto di una performance, ma anche nella vita quotidiana. Credo che l’impatto dei suoi incontri, a quattrocchi con il pubblico, sia stato di un’efficienza straordinaria.
Sono molto felice di poter continuare la mia ricerca sul rapporto fra artista e pubblico nell’ambito del Premio Internazionale di Arte Partecipativa promosso dall’Assemblea Legislativa della Regione Emilia-Romagna. Abbiamo appena concluso la prima edizione il cui vincitore è stato Pablo Helguera. Ælia Media è la radio multi media che Pablo aveva proposto come una struttura itinerante e che doveva servire come un “terzo luogo”, cioè come un punto d’incontro fra luogo di lavoro e casa per operatori culturali emergenti di Bologna. Il progetto si è reso ora indipendente e il gruppo di persone con cui Helguera aveva realizzato il progetto nel 2011 sta portando avanti la radio alternativa, mentre Pablo Helguera vive e lavora al MoMA di New York e collabora come consulente a distanza. Anche questa è stata un’esperienza intensa ma incoraggiante per me.
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