La Bête: a modern tale
Dal 2012, Yasmina Benabderrahmane attraversa come un sogno ad occhi aperti le dune di sabbia e le pianure del suo paese natale, che dopo quattordici anni di assenza cerca di recuperare attraverso le immagini.
È una storia tra due mondi: il Marocco di ieri, con le materie prime a livello del suolo e del corpo, e il Marocco di oggi, in cemento e roccia: nella valle di Bouregreg, a pochi chilometri da Rabat, si sta costruendo un nuovo centro culturale, un teatro e un museo archeologico, un progetto colossale voluto dal re che assomiglia a una bestia accovacciata, una figura della modernità che divora il paesaggio e altera progressivamente la fisionomia di un paese ancestrale. La “Bestia” non dorme, si espande, russa e si installa nel paesaggio, ingrandendosi giorno dopo giorno, imponendo la sua architettura a conchiglia.
Più in là, si trovano le pianure aspre, deserte e spoglie di Chichaoua, nelle montagne dell’Atlante, dove le tradizioni si tramandano da una generazione all’altra in villaggi dalla calma mortale, e dove le storie raccontate da voci sommesse riuniscono le famiglie durante la celebrazione dell’Eid El-Kebir.
L’opera di Yasmina Benabderrahmane ci conduce a una visione sensibile, minerale e istintiva della storia marocchina, con pietre gocciolanti e sangue coagulato, dove lo sguardo dell’artista si posa sull’intimità del tempo che passa. (Adrien Genoudet, co-curatore).