Disintegrata
Specificamente concepita per la Collezione, l’esposizione include venti nuove opere fotografiche, alcune immagini in movimento e un nucleo di fotografie d’archivio raccolte dall’artista in Italia – e principalmente in Emilia-Romagna – tra il 2023 e il 2024.
Coadiuvata dal lavoro di Mistura Allison, Theophilus Imani e Ifeoma Nneka Emelurumonye, Rosi ha percorso il territorio per raccogliere centinaia di fotografie ordinarie, scatti di album di famiglia che raccontano la quotidianità di chi, giunto dall’Africa prima del Duemila, ritraeva sé e la propria vita in contesti diversi.
La mostra rappresenta il punto di partenza di un più ampio progetto di Rosi: l’attivazione di una rete italiana di cittadini afrodiscendenti – generando una prolifica operazione di community building – e la formazione di un archivio familiare delle diaspore afrodiscendenti in Italia, con la volontà di approfondire nuove possibilità di trasmissione della conoscenza visiva attraverso immagini vernacolari.
Le immagini vernacolari giocano un ruolo significativo nella creazione della rappresentazione di noi stessi e di come vorremmo essere visti; forniscono un mezzo per confrontarsi con, o per sfidare, gli stereotipi negativi sulle persone afrodiscendenti, offrendo un ritratto alternativo sull’identità degli individui, così come di ciò che potrebbero diventare.
La produzione di immagini da parte della diaspora africana in Italia è ed è stata costante, ma in qualche modo risulta difficile da rintracciare: l’archivio iconografico collettivo che unisce queste comunità esiste in potenza, ma appare ancora instabile, disseminato, dis-integrato. È solo uscendo dalla cerchia familiare in cui ha avuto origine, attraverso un riconoscimento esterno, che un’immagine può essere ascritta al dominio del vernacolare.
Ispirata dalla pratica di artiste come Cindy Sherman e Gillian Wearing, così come dall’esperienza fotografica in studio dell’Africa occidentale (Seydou Keïta, Malik Sidibé e soprattutto Samuel Fosso), Rosi sceglie l’autoritratto come stratagemma primario per portare alla luce i diversi aspetti che convivono in ogni individuo, trasformando storie personali in racconti collettivi.
In un percorso che si snoda attraverso svariati spazi creativi, dall’album di famiglia come luogo intimo di emergenza del passato al paesaggio abitato da corpi neri, la mostra esplora, restituisce e mette in scena, con umorismo, un immaginario dell’idea di “italianità” nel nostro territorio contemporaneo.