Genesis of a Latent Vision: A Window onto Contemporary Art Photography in Iran
A cura di Reza Sheikh e Mehrdad Nadjmabadi, col coordinamento di Germana Rivi
La parola “Iran” è divenuta ormai sinonimo di quei termini chiave che delineano il quadro concettuale di Fotografia Europea 2018: “RIVOLUZIONI – Ribellioni, cambiamenti, utopie”. Sono passati oltre 175 anni da quando la fotografia ha preso piede in Iran; in questo periodo la popolazione si è evoluta da una multietnica popolazione tribale–rurale a un paese in cui quasi il settanta per cento dei cittadini risiede in aree urbane. Macchina fotografica alla mano, gli iraniani hanno quindi subito cambiamenti catastrofici sia dal punto di vista politico che sociale, lasciando dietro di sé fotografie che documentano il cambiamento del loro mondo e del loro stile di vita.
La mostra si ispira a questa “Evoluzione”: da una prospettiva storico-fotografica, il focus è la transizione dalla documentazione sociale agli approcci concettuali che sono avvenuti in Iran dalla fine dell’ottocento ad oggi.
Il percorso si sviluppa in diverse sezioni, da un’introduzione sulla progressione storica della fotografia iraniana all’interno della macro-storia sociale e politica del paese fino ad una selezione di scatti e video di 9 fotografi contemporanei iraniani (Gohar Dashti, Shadi Ghadirian, Mohammad Ghazali, Ghazaleh Hedayat, Mehran Mohajer, Ali Nadjian, e Ramyar Manouchehrzadeh, Mohsen Rastani, Newsha Tavakolian) passando attraverso la lezione delle opere rivoluzionarie del fotografo Ahmad Aali, le cui sperimentazioni degli anni ’60 hanno aperto la strada alla tardiva genesi della fotografia concettuale e artistica iraniana.
Un punto di vista che però non è solo iraniano: in mostra anche Recollection di Walter Niedermayr.
Istituire un dialogo tra il paesaggio urbano iraniano, sorto dopo la rivoluzione islamica del 1979 e caratterizzato in larga parte dall’influenza dell’architettura occidentale e i siti storici e i luoghi culturali dell’antica Persia è stato l’interesse centrale del lavoro di Walter Niedermayr tra il 2005 e il 2008.
Un dialogo difficile per un paese che è sopravvissuto a grandi cambiamenti storici e ha subito l’influenza di diverse culture, ma che è riuscito a creare una propria identità architettonica anche se fatica ad attingere a questa ricchezza.
Chiude il percorso una collettiva di alcuni studenti del College of Fine Arts dell’Università di Teheran.