Antoine D’Agata: walk on the wild side

Lo Spazio San Zenone ci dona la possibilità di scoprire l’opera di un artista geniale, discusso e controverso. Un maestro del panorama contemporaneo che da oltre vent’anni incarna l’imperativo di una fotografia notturna, eccessiva, diretta.

«L’arte mi interessa quando è gridata… vomitata». Antoine D’Agata è marsigliese, punk, viaggiatore, senza residenza fissa. Antoine D’Agata è una leggenda (nera e controversa). Antoine D’Agata è uno dei punti di riferimento della fotografia contemporanea (ma, forse, per lui, una consacrazione di questo tipo suona addirittura irritante).
Dai suoi scatti emerge un mondo eccessivo – disturbante, reietto, notturno – e pienamente condiviso: nessuna distanza con ciò che ritrae l’obiettivo. Qualsiasi altro approccio sarebbe falso, passivo, artistico. Bisogna vivere in prima persona quello che si cerca di rappresentare. Il comandamento fondamentale dell’arte è l’azione.
Dai bassifondi della città natale all’agenzia Magnum passando attraverso la lezione dei maestri newyorchesi Larry Clark e Nan Goldin: ci vuole talento e ci vuole coraggio. E a D’Agata non mancano dosi abbondanti di entrambi: basta scorrere la sua incredibile biografia che lo ho portato ad alternare abissi personali, prestigiosi riconoscimenti e una ormai lunga serie di titoli memorabili iniziata a fine anni Novanta con le raccolte “De Mala Muerte” e “Mala Noche”. O immergersi nelle sue fotografie: che siano a colori o in bianco e nero, analogiche o digitali, realizzate con Leica o Polaroid, colpiscono letteralmente chi le guarda come un fendente, una scarica elettrica, uno sguardo di medusa. Un’intensità senza filtri – urgente, empatica, colma di feroce lirismo – che consente a questo autore di accomodarsi a un tavolo dove siedono personaggi come L.F. Celine, Charles Bukowski, Lou Reed e Francis Bacon.

Le sue opere viste in successione compongono un grande romanzo abitato da prostitute, tossicodipendenti, emarginati: tutti coloro che la violenza del mondo contemporaneo (che sia la vecchia Europa, il Messico o la Cambogia) schiaccia e dimentica ogni giorno. A questa umanità viene concessa una chance estrema, quella del corpo e del piacere, unici luoghi non ancora interamente catturati da una logica infernale e repressiva, ultime frontiere di un paradossale e dignitoso riscatto.
Per lo spettatore si tratta di scegliere: passare oltre, tenersi a una compiaciuta distanza di sicurezza o affrontare la sfida di un’autentica impresa dell’arte di oggi.

 

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