Francesco Zizola: la fotografia è al di là del Muro

Ci sono eventi in cui si concentra l’attenzione di un’epoca. Tutti finiscono per misurare la propria esistenza rispetto ad essi. Una netta linea di demarcazione: un prima e un dopo. È famoso il detto di Talleyrand: “Chi non ha vissuto prima della Rivoluzione Francese non può capire cosa sia la dolcezza del vivere”. A più generazioni di americani è familiare la domanda: “Dov’eri, cosa stavi facendo quando hanno assassinato Kennedy?”. Per la maggior parte dei tedeschi la data è senz’altro il 9 novembre 1989. Ma forse quella giornata d’autunno in cui venne aperto il Muro di Berlino è significativa almeno per tutti gli europei, vista la rigida suddivisione del mondo imposta dalla Guerra Fredda.

Il via libera dato dalle autorità della Repubblica Democratica Tedesca alla gente che voleva “passare dall’altra” parte coincise seduta stante con la scomparsa legale e simbolica di un’era di divisione, terrore, arbitrio.

L’onda non si sarebbe fermata. Certo, da allora, la storia non è finita come alcuni pretendevano e guerre, calamità e “muri” non sono estinti. Ma il “momento” fu incancellabile. Il Muro cominciò da subito a sbriciolarsi. Anche materialmente. Per il desiderio di passare oltre. Per la furia da tanto tempo repressa. Ma anche per conservare – per sé e i posteri – il segno-ricordo-relitto di un’epoca. Chi c’era non può dimenticarlo. Tra questi Francesco Zizola, fuoriclasse della fotografia di reportage. Uno che per mestiere tende a trovarsi al posto giusto: lo dimostrano la frequentazione costante delle aree più pericolose del pianeta, alcuni degli scatti più iconici degli ultimi vent’anni e i numerosi riconoscimenti ottenuti a livello internazionale.

Ma anche per lui le giornate del Muro furono speciali. E così scelse la Polaroid per coglierne urgenza, velocità, immediatezza. Nonostante il senso di minaccia che incuteva, infatti, il Muro era vivo (almeno dalla parte Ovest…): lo facevano pulsare chilometri di graffiti colorati, tragici e irriverenti. E così questa forza si è trasferita alle immagini di Zizola riprodotte su tele di grande formato che sanno parlare anche a chi non c’era o non era ancora nato.

Paradosso e lieto fine: i frammenti del Muro, simbolo di ottusa fissità, non smettono di viaggiare per il mondo…

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