Mediations
in collaborazione con Magnum Photos
“La macchina fotografica è un pretesto per trovarsi in luoghi a cui altrimenti non si appartiene. Mi dà sia un punto di connessione che di separazione.” Susan Meiselas
Susan Meiselas (1948 Baltimora, USA), sin dal 1976 membro di Magnum Photos, si è fatta conoscere per il suo lavoro nelle aree di conflitto dell’America Centrale (1978-1983) e in particolare per i suoi potenti scatti della rivoluzione nicaraguense. Nelle sue opere coinvolge i soggetti in un’incessante esplorazione e sviluppo di narrazioni, lavorando spesso su lunghi periodi e su un ampio ventaglio di paesi e soggetti: dalla guerra alle questioni relative ai diritti umani, dall’identità culturale all’industria del sesso.
La mostra, intitolata Mediations dalla sua opera omonima pubblicata da Damiani nel 2018, è la retrospettiva più completa mai presentata in Italia e raccoglie una selezione di opere che vanno dagli anni Settanta a oggi.
Mediations (1978-1982) si basa sulla prima esperienza di Meiselas durante l’insurrezione popolare in Nicaragua. Il processo di selezione delle immagini per la pubblicazione Nicaragua: June 1978 – July 1979 e l’uso delle stesse fotografie fatto dai mass media l’hanno portata a interrogarsi sul modo in cui vengono usate le immagini in contesti diversi. Verso la fine degli anni Novanta, Meiselas ha iniziato a utilizzare il materiale d’archivio che ha raccolto, pubblicato ed esposto come parte di installazioni multimediali, dando così voce a individui e comunità sottoposti a violenza e oppressione.
Meiselas spesso adotta approcci diversi per ampliare la sua opera in varie forme: reportage fotografici, installazioni, libri o film. Ad esempio, i documenti utilizzati nel libro Kurdistan: In the Shadow of History (1997) sono diventati un archivio online di memoria collettiva; akaKURDISTAN (1998) è attualmente esposto come progetto in corso sotto forma di “storymap”, creato con i contributi provenienti dalla diaspora curda globale.
La mostra rivela l’approccio unico di Meiselas come fotografa che mette costantemente in discussione lo status delle sue immagini in relazione al contesto in cui vengono percepite, mostrando il suo modo di muoversi attraverso diverse scale di tempo e di conflitti, spaziando dalla dimensione personale a quella geopolitica.