Dicembre 2014: Arrivo per la prima volta in Libia. Ras Jedir al confine con la Tunisia, poi la città portuale di Zuara, nota per le partenze e il naufragio delle barche che trasportano i migranti diretti in Italia.
Coloro che vivono 50/50: vita o morte.
A Zuara incontro Younes, 26 anni, ingegnere delle telecomunicazioni che è diventato un mediatore per i giornalisti. Combatte anche durante la guerra tra la Libia occidentale e orientale divisa in quel momento in due governi separati con sede a Tripoli ad ovest e a Tobruk ad est.
Quando lo incontro per la prima volta mi fa una domanda, al tempo stesso profondamente sconvolgente e pertinente: “Se qui per i migranti o per la guerra?”
Sconvolgente perchè rivela le intenzioni dei media e i loro interessi per il suo paese. Pertinente e diretta perchè definisce il contesto: è possibile separare la guerra dal destino dei migranti? Rispondo che sono qui per i migranti, ma che sarà difficile ignorare la guerra perché proprio mentre parliamo la sua città viene colpita.
2012 – 2014: Realizzo un progetto in Tunisia nel campo di Choucha – la Empire Series – dove incontro i rifugiati della guerra in Libia e questo mi spinge a proseguire il mio cammino in Libia. Ho l’obiettivo di entrare nei centri di detenzione per migranti e di ritornare sul luogo di un naufragio identificato da un video amatoriale (senza data) girato da un pescatore.
Le mie prime intenzioni devono essere riconsiderate a causa dei rischi, degli incontri e degli spostamenti limitati che influiscono sulla continuazione del mio progetto.
2014 – 2016: Viaggio lungo la costa della Tripolitania: Sabratha, Mellitah, Zawiya, Sorman, Tripoli, Misurata, Sirte. Questa è l’area più popolata per quanto riguarda la densità di popolazione per km quadrato e la più simbolica in riferimento alla rivoluzione del 17 febbraio del 2011 che ha offerto grandi speranze ma si è rapidamente dispersa. L’economia crolla, il paese è rovinato. I migranti – la maggior parte dei quali provenienti dall’Africa subsahariana – vedono nella ricostruzione della Libia un’opportunità economica prima di ritornare nel loro paese d’origine o raggiungere l’Europa. Queste speranze e questi sogni si scontrano con la situazione caotica del paese, visto che il conflitto rimane ancora in una situazione di stallo politico. La realtà è solo contrabbando e traffico di esseri umani: lavori forzati, stupri, incarcerazioni arbitrarie, rapimenti e racket.
Samuel Gratacap