Wanderlust
a cura di Adele Ghirri, Constanze Honsel, Pietro Scammacca e Virginia Simonazzi
Nella sua accezione letterale la strada designa un elemento fisico che, quasi geometricamente, caratterizza in modo ubiquo il mondo in cui viviamo, attraversato da un reticolo, una trama di collegamenti perenni e dinamici.
Raccontare la strada significa raccontare il nostro passaggio nel mondo.
La comparsa dei primi sentieri nel paesaggio terrestre corrisponde allo sviluppo da parte dell’Uomo della capacità di camminare, che comporta un’ulteriore apertura dell’orizzonte umano: l’aumento del visibile.
Il desiderio di esplorare un ignoto altrove ha spinto l’uomo ad incamminarsi nel mondo, a viaggiare e migrare, creando così innumerevoli tragitti e infinite traiettorie. La strada è la traccia, il segno tangibile e visibile della nostra presenza mobile su questo pianeta; tuttavia, la strada diventa non solo un percorso fisico ma anche mentale, un viaggio introspettivo, alla scoperta di sé, che implica il succedersi di immagini, odori, suoni e colori, i quali caratterizzano in modo sinestetico l’immaginario comune legato ad essa.
Collision di Sophie Culiere cerca di ritrarre la strana sensazione di vivere un déjà vu o di ricordare gli assemblaggi che la nostra mente produce inconsciamente, le strade mentali che creiamo costantemente.
Le fotografie di Cyrus Mahboubian ci invitano invece a riflettere suo dettagli fuggevoli del paesaggio urbano: l’artista ritrae scenari recanti il dualismo tra natura e artificio, delineato nelle sue Polaroid dalla compresenza di entrambi gli elementi. Le immagini rappresentano ed esprimono il desiderio di esplorare nuovi spazi e nuove strade, desiderio definito dal termine Wanderlust. L’artista dichiara di usare “la fotografia come strumento di rallentamento, che permetta di vivere i momenti nella loro pienezza”, riattivando così quelli che Luigi Ghirri definiva “circuiti dell’attenzione”.