Marcello Grassi, Herculaneum
a cura di Massimo Mussini
Partendo da ciò che la terra ha nascosto ai nostri occhi per secoli, Herculaneum intende invitare lo spettatore a riflettere su quanto egli sia “umile” (termine che deriva dal latino “humus”, cioè terra) e precario davanti alla storia, alle rovine che ci chiedono di essere ascoltate e non solo osservate.
In un’area in cui oggi vivono due milioni di persone, i resti delle città romane distrutte dall’eruzione del 79 d. C. raccontano, insieme ad una storia finita, di un probabile futuro evento, che la natura potente prepara e che l’uomo attende, affidandosi a tecnologie – di ascolto – tanto complesse quanto, a volte, inutili.
Dopo secoli di oblio le pietre assolate, le strade deserte, le mura resistenti, estratte faticosamente da uno strato di venti metri di tufo, sono percorse dal fotografo e riproposte ai nostri occhi per ricordare, accanto al mito rinnovato, la possibilità di un futuro minaccioso, dove l’invisibilità del vulcano rende impercettibile a tutti il pericolo sovrastante.