FE 2015

Un progetto del Comune di Reggio nell'Emilia
 
Comune di Reggio Emilia – Città delle persone

  • Night+Fog (Monchegorsk) 4, 2007 © Darren Almond Courtesy Galleria Alfonso Artiaco
    Night+Fog (Monchegorsk) 4, 2007 © Darren Almond Courtesy Galleria Alfonso Artiaco
  • Night + Fog (Monchegorsk)(16), 2007 © Darren Almond Courtesy Galleria Alfonso Artiaco
    Night + Fog (Monchegorsk)(16), 2007 © Darren Almond Courtesy Galleria Alfonso Artiaco
  • Night + Fog (Norilsk)(20), 2007 © Darren Almond Courtesy Galleria Alfonso Artiaco
    Night + Fog (Norilsk)(20), 2007 © Darren Almond Courtesy Galleria Alfonso Artiaco

Darren Almond, Night+Fog

 

La serie fotografica Night + Fog di Darren Almond si compone di fotografie al bromuro in grande scala realizzate nelle foreste morte della Siberia. Sono state scattate a Monchegorsk e Norilsk nel nord della Siberia, sopra il Circolo Polare Artico dove, tra il 1935 e il 1953, circa un terzo del milione di prigionieri confinati a lavorare nei gulag Sovietici, hanno estratto e trattato i materiali dei maggiori depositi del pianeta di nichel, platino, cobalto e rame.

Oggi Norilsk è una città chiusa. È sotto il controllo della Norilsk Nickel Company, che controlla anche i valori di mercato di questo metallo a livello mondiale. Almond ha trascorso più di cinque anni viaggiando tra le miniere di nichel di Norilsk.

A Norilsk ci sono le più grosse miniere di nichel del mondo. Esse producono, come scarto della lavorazione, la maggiore quantità di biossido solforoso del pianeta. Ci sono più piogge acide in questa città di 150.000 abitanti che in tutto il Nord America e il Canada. Gli alberi soffrono di qualcosa di simile al congelamento. Vi trovate davanti queste foreste di alberi morti, come bruciati, inseriti in un paesaggio che invece non è mai asciutto, il che risulta totalmente incongruo.

Inizialmente l’interesse di Almond per la Siberia è nato dalla fascinazione che esercitò su di lui il poeta esule russo Joseph Brodskey e dalle immagini incantevoli di un naufragio nell’artico, dipinte da Caspar David Friedrich nel quadro Il mare di Ghiaccio. Benché questi aspetti estetici e formali possano essere ancora rintracciati nel suo lavoro, essi costituiscono un punto catalizzatore iniziale dal quale partire per raggiungere poi obiettivi più pertinenti: l’estrazione di risorse e altre attività umane, necessarie quanto, a volte, orribili, attivano processi e strutture che si annidano a loro volta, in strutture e sistemi ancor più vasti che arrivano a toccare aspetti geo- politici e geo- strategici. Almond sottolinea questo concetto attraverso il titolo Night &Fog, che fa riferimento al film Night & Fog del 1955 su Auschwitz,di Alain Resnais.

 

Adrian Searle, scrivendo sul Guardian, ha detto del lavoro di Almond:

“le foto degli alberi morti, i loro tronchi che sembrano segni neri contro il cielo bianco di neve color dell’acciaio. È quasi impossibile poter immaginare il colore o anche solo un barlume di vita in questo luogo. Tuttavia queste immagini hanno una loro definitiva calligrafica bellezza. Sono una sorta di rappresentazione della fine del mondo”.
Da Il diavolo nei dettagli, “The Guardian”.

Le opere di Darren Almond qui esposte fanno parte della mostra collettiva No Man Nature.

NO MAN NATURE

Mostra a cura di Elio Grazioli e Walter Guadagnini
Opere di Darren Almond, Enrico Bedolo, Ricardo Cases, Pierluigi Fresia, Stephen Gill, Dominique Gonzalez-Foerster e Ange LecciaMishka Henner, Amedeo Martegani, Richard Mosse, Thomas Ruff, Batia Suter, Carlo Valsecchi, Helmut Völter

 

Il taglio scelto per la mostra No Man Nature solleva i temi della natura senza uomo e dell’uomo senza natura sottoponendo euristicamente la riflessione dai suoi due margini estremi. Questi margini non indicano più soltanto l’inesplorato, l’ignoto, l’invisibile, l’inimmaginabile, ma la possibilità stessa dell’esistenza di un mondo senza più uomo e, d’altra parte, dell’invenzione da parte dell’uomo di un mondo che non rimanda più alla natura. Queste possibilità, a loro volta, possono essere percepite come pericoli, quello ecologico della distruzione della natura e dell’autodistruzione della specie umana o quello dell’euforia della “tecnica” che ha come contraltare la solitudine dell’essere umano di fronte al mondo. E ancora: a volte desideriamo di vivere in una natura incontaminata e deserta, sogno di un ricominciamento impossibile, mentre al tempo stesso stiamo costruendo un mondo completamente modellato sul virtuale e sull’immaginario, con una natura altrettanto virtuale e immaginaria.

 

Infine, d’altro canto, perché le cose siano o vadano così c’è sempre un motivo, quindi la riflessione sui casi limite interroga anche sul punto in cui siamo. La mostra vuole proporre tali questioni per immagini, attraverso esempi che mettano il pubblico nella condizione di interrogarsi sulla sua posizione nei loro confronti.

 

L’idea generale è sempre quella di usare la fotografia non come documento e rappresentazione, bensì di sfruttare le sue possibilità interrogative e suggestive. Le questioni poste sul rapporto uomo/natura diventano allora metafora anche della funzione e del ruolo della fotografia.

BIO

Il lavoro di Darren Almond affronta i concetti di tempo e di viaggio così come i temi della memoria personale e storica, attraverso evocative riflessioni tradotte in video, installazioni, sculture e fotografie.
Il tempo, indagato in tutte le sue differenti concezioni, diviene protagonista costante della ricerca dell’artista inglese. Dalla sua prima personale nel 1995 “AReal Time Piece” dove un video mostrava il suo studio vuoto con un orologio digitale sulla parete che amplificava il passare di ogni minuto; al lavoro “Tide”, nel quale 600 orologi digitali erano allineati per tutta la superficie del muro registrando simultaneamente l’incessante passaggio del tempo.

Molti dei lavori di Almond nascono dal raggiungimento di luoghi geografici inaccessibili e lontani come il Circolo Polare Artiaco, la Siberia, le sacre montagne in Cina o la sorgente del Nilo.
In Indonesia l’artista segue un minatore di zolfo durante una giornata di lavoro dalla bocca del cratere all’estremità del vulcano per produrre “Bearing” video girato con una telecamera ad alta definizione. In “Schacta”, Almond filma le attività di minatori di stagno in Kazakhstan e le contrappone ad una evocativa colonna sonora – prodotta con una registrazione sul campo – di una musicista/sciamano locale durante la sua performance. Altri lavori esplorano i temi più strettamente personali: “Traction” è una ambiziosa proiezione di tre schermi che traccia il ritratto del padre dell’artista , malgrado riveli la preoccupazione per il trascorrere del tempo da parte dell’artista. Una simile intimità è evocata nella video-installazione “If I had you”, proposta per il Turner Prize (2005): sensibile ritratto della nonna, e sue giovanili reminiscenze, narrato attraverso l’interazione reciproca di quattro video.

In “Terminus”, Almond negoziò il trasferimento dell’originale fermata dell’autobus del paese di Oświęcim (in tedesco Auschwitz) per fare un’installazione in movimento circa la perdita della storia.
Le tematiche sopraelencate quali il tempo ed il viaggio sono visibilmente presenti anche nella serie di fotografie di paesaggi intitolati “Fullmoon”, iniziata dal 1998. Almond cattura la luna piena, in diverse parti del mondo, utilizzando un tempo di esposizione di 15 minuti. Queste immagini di particolare bellezza appaiono quasi irreali: i paesaggi sembrano immersi in una inusuale luce chiara tanto che la notte sembra essersi trasformata in giorno. Nel 2014 la casa editirice Taschen ha dedicato una corposa monografia sul tema dei Fullmoon.

Brevi cenni biografici:
Darren Almond nato nel 1971 a Wigan, Inghilterra. Vive e lavora a Londra.
Principali mostre personali: Art Tower Mito, Japan (2013), Sala Alcalá 31, Madrid, Château Gallery, Domaine Régional de Chaumont-sur-Loire (2012); The High Line, New York, Villa Merkel, Esslingen, L’Abbaye de la Chaise Dieu, Chaise Dieu; Frac Haute-Normandie, Rouen e FRAC Auvergne, Clermont Ferrand (2011), Parasol Unit (2008), SITE Santa Fe (2007), Museum Folkwang, Essen (2006), K21, Düsseldorf (2005), Kunsthalle Zürich (2001), Tate Britain (2001), De Appel (2001) and The Renaissance Society, Chicago (1999).
Principali mostre collettive: Helmhaus, Zurich, 6th Biennale da Curitiba e Miami Art Museum (2011), MAC/VAL, Vitry-sûr-Seine, (2010), the Tate Triennial, Tate Britain and Frac Lorraine, Metz (2009), Moscow Biennale (2007), The Turner Prize, Tate Britain (2005), The Busan Biennale (2004), Biennale di Venezia (2003), Berlin Biennale (2001), ‘Sensation’ (1997-1999).

EVENTI COLLEGATI

Sabato 16 maggio_ore 11.00_Teatro Cavallerizza

CONFERENZE

No Man Nature:Diane Dufour, Elio Grazioli e Walter Guadagnini dialogano con gli artisti Enrico Bedolo, Pierluigi Fresia, Mishka Henner, Carlo Valsecchi, Helmut Volter. A seguire booksigning

Sede

Palazzo da Mosto
via Mari, 7
42121 Reggio Emilia

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Orari

• nelle giornate inaugurali
15/05 › 19-24
16/05 › 10-24
17/05 › 10-24
• dal 22 maggio al 26 luglio da venerdì a domenica
venerdì › 16-23
sabato › 10-23
domenica e festivi › 10-20

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Categoria
Palazzo da Mosto