Paolo Pellegrin

Another Country

 

Ho trascorso gli ultimi 25 anni lavorando in zone di conflitto. Nel 2010 ho viaggiato per diverse settimane nel sud ovest degli Stati Uniti lungo il confine messicano. Inizialmente non avevo grandi aspettative, eppure lì ho trovato qualcosa di molto interessante: armi, tensione razziale, disparità economica e sorveglianza. Tutti temi strettamente connessi ai conflitti di cui sono stato testimone in tutto il mondo.

Ogni sei mesi torno in America senza ricercare alcuna storia in particolare, piuttosto vorrei dare valore a un ethos per arrivare al cuore dell’America, al suo spirito, e al paradosso che si nasconde in mezzo ai suoi grandi ideali. La discriminazione razziale è diffusa ovunque, tanto da essere scioccante per un europeo. E’ chiaramente visibile nel sistema di giustizia penale con il suo infinito ciclo di conflitti, arresti e custodie cautelari. Ho passato molto tempo con la polizia, e dopo lo shock iniziale dovuto alla sua brutalità, sono stato catturato dalla complessità della lotta. Per quanto brutale e umiliante possa essere la condizione di chi viene catturato, la polizia è spesso anche ragionevole, attenta e diligente. Polizia e criminali condividono una condizione storica senza una semplice via d’uscita.

In America i poveri e soprattutto le minoranze e gli immigrati, legali o illegali, sono costantemente controllati. Posti di blocco vengono organizzati per cercare droga, armi e clandestini, e la libertà vigilata e la condizione cautelare sono ordinate dalla Corte allo scopo di controllare le violazioni. La polizia e le unità di controllo pattugliano costantemente i quartieri. Poliziotti e ufficiali in borghese ascoltano le conversazioni agli angoli delle strade o tra i barbecue delle case. Quando non vengono fermati per strada e perquisiti, i ragazzi sono monitorati dai servizi sociali. Servizi, buoni pasto, buoni per la casa e assistenza medica costituiscono ricevute a prova di frode. Case e intere palazzine vengono ispezionate alla ricerca di sospetti, si somministrano i test anti droga mentre provvedimenti speciali impediscono le interazioni sociali spontanee. Gli informatori sono dappertutto.

 

In Another Country ho inserito anche Guantanamo Bay, un luogo che fotografo ormai da molti anni ormai. Guantanamo assomiglia all’estensione di un idioma americano familiare – portato all’estremo – piuttosto che ad un’anomalia extraterritoriale riservata ad altri. Guantanamo è il luogo dove si rende maggiormente esplicito il legame tra paure e aspirazioni dell’America in casa e le sue perenni guerre all’estero.

 

Il progetto di Paolo Pellegrin fa parte di Dalla via Emilia al mondo, a cura di Diane Dufour, Elio Grazioli e Walter Guadagnini.

Dalla via Emilia al mondo

Il tema di Fotografia Europea 2016 si apre al mondo nella sede di Palazzo da Mosto, grazie alla collettiva Dalla via Emilia al mondo.

Stanza dopo stanza si passa dal reportage di qualità all’atteggiamento più creativo che introduce temi di attualità, dallo sguardo lirico a quello più coinvolto. Si affronta l’aspetto drammatico dei confini, quelli segnati e quelli meno visibili ma altrettanto marcati. Qui si fanno più forti i temi sociali, politici, umani, raccontati prevalentemente da autori stranieri: Ziad Antar, Paola De Pietri, Gulnara Kasmalieva & Muratbek Djumaliev, Kent Klich, Bettina Lockemann, Maanantai Collective, Michael Najjar, Paolo Pellegrin, Katja Stuke & Oliver Sieber.

BIO

Paolo Pellegrin (Roma, 1964) dopo aver studiato Architettura a Roma, decide di cambiare carriera e di studiare fotografia presso l’Istituto Italiano di Fotografia di Roma. In quel periodo incontra il fotografo italiano Enzo Ragazzini, che diventa il suo mentore.
Dal 1991 al 2001 è rappresentato da Agence Vu a Parigi. Entra a far parte di Magnum Photos come nominee nel 2001, diventando membro a pieno titolo nel 2005. Per dieci anni è stato un fotografo a contratto di “Newsweek”.

Nella sua carriera ha ricevuto i seguenti riconoscimenti internazionali: dieci World Press Photo Awards, numerosi Photographers of the Year Awards, una Leica Medal of Excellence, un Olivier Rebbot Award, l’Hansel-Mieth Preis e il Robert Capa Gold Medal Award. Nel 2006 gli viene riconosciuto il W. Eugene Smith Grant in Humanistic Photography.

Vive a Londra.

Ha partecipato a numerose collettive e personali tra cui Dies Irae (Maison Européenne de la Photographie, Parigi, Francia 2012 / Spazio Forma – Centro Internazionale di Fotografia, Milano, Italia 2011); Paolo Pellegrin Retrospective (Kunstfoyer der Versicherungskammer Bayern, Monaco, Germania 2012).
Ha pubblicato Paolo Pellegrin (Kunstfoyer der Versicherungskammer Bayern, Germania 2012), Dies Irae (Contrasto, Italia, 2011); Paolo Pellegrin (Photo Poche collection, Actes Sud, Francia, 2010); As I Was Dying (Actes Sud, Francia, 2007); Double Blind (Trolley, 2007); Kosovo 1999-2000: The Flight of Reason (Trolley, USA, 2002); L’au delà est là (Le Point du Jour, France, 2001); Cambogia (Federico Motta Editore, Italia, 1998) e Bambini (Sinnos, Italia, 1997).

EVENTI COLLEGATI

7 maggio ore 11, Palazzo Da Mosto

ASK THE ARTIST: Dalla via Emilia al mondo con Ziad Antar, Maanantai Collective, Paola De Pietri, Gulnara Kasmalieva & Muratbek Djumaliev, Kent Klich, Michael Najjar, Paolo Pellegrin, Katja Stuke & Oliver Sieber.

Gli artisti saranno disponibili per rispondere alle domande del pubblico

 

8 maggio ore 10.30, Teatro Cavallerizza

Dalla via Emilia al Mondo

Diane Dufour, Elio Grazioli e Walter Guadagnini dialogano con gli artisti Ziad Antar, Maanantai Collective, Paola De Pietri, Gulnara Kasmalieva & Muratbek Djumaliev, Kent Klich, Michael Najjar, Paolo Pellegrin, Katja Stuke & Oliver Sieber

Sede

Palazzo da Mosto
via Mari, 7
42121 Reggio Emilia

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Orari

giornate inaugurali
6 maggio › 19-23
7 e 8 maggio › 10-23
dal 9 maggio al 10 luglio da venerdì a domenica
venerdì › 18-23
sabato › 10-23
domenica e festivi › 10-20

Categoria
Palazzo da Mosto