Il lume della ragione

Resistere all’invasione delle immagini? È possibile secondo Joan Fontcuberta, il catalano protagonista della fotografia mondiale, che porta ai Chiostri di San Pietro i “nuovi enciclopedisti”.

Si può essere artisti, per di più fotografi, e avere un rapporto “problematico” con le immagini. Sembrerebbe un paradosso solo perché abbiamo dimenticato che una componente fondamentale dell’esperienza artistica è quella cosa chiamata “critica”: non accontentarsi dell’esistente, guardare le cose da un punto di vista differente, coltivare l’imperativo del dubbio o addirittura del sospetto.
Almeno così la pensa Joan Fontcuberta, una leggenda della fotografia mondiale, ormai abituale presenza per Fotografia Europea dopo le mostre “Gastropoda” e “Fauna Secreta” del 2015 e la il libro “Paralipomena” del 2016 dedicato alla collezione Spallanzani dei Musei Civici.

Fontcuberta è un genio multiforme: artista plastico, saggista, storico, critico, giornalista. Nella sua attività sviluppatasi a partire dagli anni Settanta la fotografia non è mai stata un dato e immediato e ingenuo, ma un banco di prova dove testare le illusioni dell’occhio, i confini della manipolazione, le ambiguità della propaganda. Sempre con quell’ironia che è un atteggiamento per relativizzare la propria posizione e consentire all’arte – anche la più estrema e sperimentale – di essere uno strumento importante per capire, vivere e cambiare il mondo.

Nell’edizione 2017 Fontcuberta presenta ai Chiostri di San Pietro  “Les Nouveaux Encyclopédistes”, una selezione di artisti internazionali che si confrontano con una realtà dominata dalla proliferazione delle immagini e dalla logica dell’ riproduzione digitale. Sembrerebbe il trionfo dell’abbondanza, della libertà e della differenza. Ma in questa intervista il fotografo catalano ci spiega che le cose non stanno esattamente così. E che forse è opportuno lavorare per un nuovo Illuminismo…

 

In genere si considera la “globalizzazione” quale orizzonte invalicabile del nostro tempo. Alcuni studiosi stanno cercando di relativizzare questo concetto. Sostengono che la storia moderna ha conosciuto diverse mondializzazioni che sono poi mutate e tramontate. E così accadrà anche a quella che stiamo vivendo come succede a ogni fenomeno storico.
Crede che un ragionamento di questo tipo possa valere anche per la proliferazione delle immagini e delle informazioni? Si può o si potrà deviare da quello che sembra un destino?
Che ci siano stati diversi momenti di globalizzazione nella storia è certo, ma mai con la portata e la vastità di quella attuale. Uno dei motivi è proprio il ruolo che le immagini hanno occupato nel dare forza alla globalizzazione attuale. La produzione di massa e la tremenda circolazione delle immagini accelera la trasmissione di informazioni ed elimina barriere e particolarità. La questione riguarda il senso etico, culturale e politico che un tale tsunami iconico provoca. Io non credo che le immagini siano fatali, non esiste destino che non possa essere cambiato. Tuttavia tutto questo richiede una grande azione di resistenza basata su politiche culturali ed educative. Oggi più che mai abbiamo bisogno di una culturalizzazione visiva.

Nel linguaggio ordinario la classificazione corrisponde a qualcosa di rigido, arido e innaturale: in che modo la mostra “Les Nouveaux Encyclopédistes” ricerca conferma o smentisce questo “luogo comune”?
Il passaggio dal pensiero magico al pensiero razionale può essere visualizzato come l’evoluzione dagli antichi “gabinetti delle meraviglie” (Wunderkammer) alle collezioni scientifiche moderne. In entrambi i casi si tratta di mezzi di pensiero del mondo, ma con approcci opposti. La Wunderkammer si concentrava sul singolare ed eccezionale, scartando ogni pretesa di creare un repertorio di tutti gli oggetti della natura. La collezione scientifica al contrario si attiene all’ordine, ai sistemi e alle serie, per cui è necessario uno strumento intellettuale: la classificazione, la quale implica uno sforzo di intellettivo. Oggi potremmo interpretare internet come un ritorno all’ennesima potenza alla Wunderkammer; è il Caos Supremo, che ci mette di fronte al grande problema di indicizzare e catalogare le informazioni, se vogliamo che sia utile. I motori di ricerca ed i programmi di elaborazione dati sono divenuti una priorità politica e culturale. Gli artisti che partecipano a “Les Nouveaux Encyclopédistes ” contribuiscono anche solo con un gesto simbolico a una nuova volontà classificatoria sarà che invoca chiarezza nella confusione dominante.

Sembra che agli artisti di oggi sia virtualmente spalancata una possibilità senza limiti. Qual è il posto della libertà in una classificazione enciclopedica in sintonia con il mondo di oggi? E che posto vi trovano ragione e follia?
Siamo più liberi in una società ipermoderna, o ci avviciniamo piuttosto alle condizioni distopiche vaticinate da George Orwell? Le immagini sono diventate ostili e dobbiamo alzare le nostre difese. In un momento in cui l’immagine diventa lo spazio sociale dell’essere umano, non possiamo permetterci di perderne il controllo, non possiamo permetterci che l’immagine sia scardinata. Esiste una consapevolezza dell’immagine e nell’immagine che si predispone a sopraffarci? Da dove viene questa furia? Quale affronto ne provoca l’ostilità? Viene forse dall’iconoclastia con cui l’abbiamo maltrattata? Abbiamo perso la sovranità sulle immagini e vogliamo riconquistarla. La classificazione dell’immagine è uno dei mezzi che abbiamo perché la razionalità riprenda quota sulla follia, rendendoci così possibile l’esercizio della libertà.

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