If you come to San Francisco…

A cinquant’anni dalla Summer of Love, lo Spazio Gerra ospita la mostra “Community Era”.
In Piazza San Prospero  omaggio in musica con Alessio Bertallot e Tess Parks

Ci sono frangenti in cui il tempo si contrae. Una frenesia sembra prendere i giorni che diventano intensi e fecondi. E così quello che sembrava fermo da generazioni inizia a muoversi e non si ferma più: gli eventi si chiamano l’un l’altro, i costumi cambiano dal tramonto all’alba, le invenzioni si susseguono a distanza di pochi mesi in uno stato di rivoluzione permanente. Guardando indietro a questi periodi si rimane disorientati: com’è stato possibile?

Una domanda del genere si può fare senz’altro agli anni Sessanta e ai suoi protagonisti. Si prenda la musica: Beatles, Bob Dylan, Rolling Stones, Frank Zappa (e tanti, tanti altri…) si rispondevano a suon di capolavori a distanza di settimane. Basta guardare alle uscite del 1967, anno cruciale:  il primo di Doors, Pink Floyd, Jimi Hendrix, Love… e poi il 1 giugno “The Sgt. Pepper Lonely Heart Club Band” dei Beatles, l’album per antonomasia della “rock nation”.

“Turn on, tune it, drop out”

Quella del 1967 fu anche quella della Summer of Love, l’estate dell’amore. Da tutti gli Stati Uniti i giovani convergevano su San Francisco, porta dell’Oriente. Quali erano gli ingredienti di questo incantesimo? Pace, amore e musica, naturalmente, irradiati dal quartiere di Haight-Ashbury. Gli hippie erano i figli ideali della beat generation, nuotavano nei paradisi artificiali e volevano dire la loro sul futuro del mondo. Il movimento era in piedi almeno dal 1965 grazie all’effervescenza artistica e all’attivismo di personaggi come Ken Kesey, l’inventore degli acid test. In quell’estate tutto il mondo se ne accorse. Da lì terminò la fase originaria e iniziò quella mondiale. I figli dei fiori si incontravano con i loro simili: radicali politici, attivisti controculturali, reietti e scoppiati metropolitani, movimenti terzomondisti e anti-razzisti, avanguardie europee… I Sessanta balleranno per un altro paio di stagioni fino all’apoteosi-tramonto di Woodstock.

 

Istantanee dall’altra America

La mostra di Spazio Gerra Community Era ripercorre quel periodo attraverso le foto di alcuni dei migliori fotografi dell’epoca che immortalarono in diretta eventi e personaggi destinati a entrare nella storia del XX secolo. È accaduto, ad esempio, a Baron Wolman, autentica vedette che si può fregiare del titolo di “primo fotografo” di Rolling Stones, la rivista per eccellenza del mondo rock fondata da Jann Wenner e Ralph J. Gleason, guarda caso, proprio nel ‘67 a… San Francisco. Che fotografasse Dylan o Janis Joplin, la folla di un mega-concerto o una singola anonima figura, Wolman riusciva cogliere e a tramettere lo spirito dei tempi. Spirito in cui si imbattè anche il reggiano Bruno Vagnini quando, studente a Montreal, si intrufolò nell’hotel in cui John Lennon e Yoko Ono inscenavano uno dei loro celebri “bed-in”, performance-manifesto in favore della pace eseguite direttamente dal letto di un camera dell’albergo. Furono le prime foto per Vagnini, ma, oltre a divenire celebri, si può dire che segnarono il resto della sua vita confermandolo nella professione di fotografo.

L’ascesa dell’underground

Elaine Mayes all’epoca aveva già quell’età in cui Pete Townshend e gli Who volevano essere morti: trent’anni. Eppure questo non le ha impedito di sviluppare una sintonia particolare con quegli anni. Anzi: se la San Francisco 1967-68, quella di happening come l’Human Be In e del festival di Monterey, è giunta fino a noi lo si deve anche a questa pioniera della fotografia femminile USA, una presenza abituale anche a tanti degli storici concerti che sigillarono il decennio. Lo stesso si può dire per Robert Altman che con il suo libro “Sixties” ha fissato uno standard per “vedere” i luoghi e le facce di una generazione: dalle manifestazioni contro la guerra in Vietman alla stagione delle comuni e del ritorno alla Terra, dai viaggi on the road all’emersione dell’underground nei mezzi di comunicazione di massa e, quindi, nella vita di ogni giorno della grande nazione americana.

 

Let’s spend the night together

Serata evento il 6 maggio in piazza San Prospero con 1967 – 2017. Echoes from the Summer of Love: una rivisitazione in chiave contemporanea di suggestioni, echi e influenze dell’era psichedelica. A partire dalle sonorità di Alessio Bertallot, uno dei più raffinati volti della musica elettronica e dance italiana, già cantante degli Aeroplanitaliani, calda voce molto conosciuta anche sulle frequenze radiofoniche. Insieme a lui il polistrumentista e compositore statunitense Mark Baldwin Harris e il bassista e cantautore Roberto Dell’Era per un set tra live e djing. A fargli compagnia in una serata senza soste il dj e remixer Marco Rigamonti, la voce di K-Rock dj Wally e l’incantevole canadese Tess Parks, bad girl sodale di Andrew Newcombe (The Brian Jonestown Massacre) scoperta da Alan McGee, fondatore della Creation e mentore degli Oasis: una che della lezione dei Sixties ha colto l’essenziale.
Come tutti gli anni lo spettacolo si arrichisce di una parte visual, a partire dagli scatti di Baron Wolman, “eroe” fotografico di Woodstock.

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1Commento
  • Rita
    Pubblicato alle 13:26h, 15 Maggio

    Mostra interessantissima!