approfondimenti sul tema/3

approfondimenti sul tema/3

Terzo appuntamento con gli approfondimenti sul tema di Fotografia Europea 2012. Abbiamo fatto al curatore e critico d’arte contemporanea, Elio Grazioli tre domande sul tema Vita comune. Anche quest’anno Elio Grazioli seguirà un nucleo di mostre per Fotografia Europea. 

Nelle passate edizioni di Fotografia Europea, nelle tue scelte curatoriali hai sempre dato spazio a progetti che sono stati in grado di restituire una visone del mondo complessa e mai banale. Dal tuo punto di vista, in che modo la fotografia può affrontare il tema della Vita comune senza essere solo descrittiva o informativa? Potresti parlarci di alcuni progetti che, secondo te, possono essere stimolo ad una vera riflessione sul tema?

Credo di poter ormai dire, dopo cinque edizioni in cui si sono affrontati i temi più diversi, che la fotografia non è mai solo descrittiva o informativa, anche quando sembra limitarsi a quello. La fotografia, come abbiamo ribadito nelle precedenti edizioni, ha anche un corpo suo, un suo tempo, rivela uno sguardo sulle cose. Ebbene, ora siamo a dire, appunto, che la fotografia non è solo documento e testimonianza del vivere comune, che noi qui vogliamo indicare come la volontà di mettere in rilievo ciò che ci accumuna insieme a ciò che ci differenzia, ma è anche ciò che mostra la realtà e la vita così come sono. Questo significa da un lato che, come ogni volta, invitiamo a guardare diversamente perfino il dovere civile, l’idea di appartenenza a una comunità, l’impegno di essere cittadini attivi. Noi pensiamo che la fotografia possa servire anche a questo, a chiedere uno sforzo in più di visione e di pensiero, su ogni cosa. È la forza dell’immagine ferma, cioè dell’immagine che ferma lo spettatore ad osservare meglio e a riflettere. Dall’altro lato significa che la fotografia ci richiama anche alla realtà, non ci lascia schizzare via per fantasie eccessive e voli teorici che rispecchiano solo le aspettative o le pretese di chi le esprime. “Comune” vuol dire anche questo: reale, concreto, presente; non nel senso basso dello scontato, ma in quello della scoperta del reale, dell’incanto, così come l’abbiamo definita due edizioni fa: “del vedere altro”, appunto.
Noi pensiamo che questi siano non solo temi ma anche modi di grande attualità, perché il pensiero  ci appare spesso stanco e ripetitivo, le posizioni difensive o impaurite. Alla rivendicazione dell’identità, contrapponiamo uno slancio verso la costruzione del futuro, un’appartenenza che includa anche gli altri, proprio attraverso un rimando alla vita così com’è. Alle rivendicazioni in nome di una morale mai rispettata, opponiamo l’invito a un dovere civile vissuto come interesse comune. La fotografia, per concludere, non illustra ma è tutto questo. Vorremmo esporre certa fotografia che possa essere questo, darne qualche esempio paradigmatico, come nelle altre edizioni rispetto agli altri temi. Ancora una volta mi viene da dire: i fotografi e le fotografie delle altre edizioni sono giuste anche per questa perché ormai tutto è legato. Spero che si veda e lo si apprezzi come arricchente.

Come viene riportato anche nel concept della prossima edizione, l’arte, e nello specifico la fotografia, occupa una posizione strategica rispetto al tema. Come pensi che la fotografia possa ancora offrirsi come “sguardo” in un momento di sovrapproduzione di immagini consumate così velocemente?

Non sono fra coloro che pensano ci sia una sovrapproduzione di immagini, ma fra quelli che invitano a guardare meglio, di più, pensandoci. Quello che è straordinario e ancora poco compreso, credo, è che le immagini, come dicevamo anche prima, non illustrano ma mostrano, espongono, sono un linguaggio a parte, quello che chiamiamo “il visivo”. Le immagini sono anche un correttivo, oltre che un supplemento, alle parole, ai discorsi, alla deriva della chiacchiera e dello sproloquio. Sono un po’ quello che la poesia è per le parole: colore, forme, metafore, richiami,  associazioni ed evocazioni. Ancora non abbiamo imparato a guardare con cura le immagini e ad ascoltare, se così posso dire, davvero quello che ci dicono.
La fotografia, come dicevo, ci ferma, ferma il nostro sguardo, ci fa notare che ci si può e si deve fermare. Anche quando non siamo davanti a una fotografia, anche al cinema, alla televisione, e nel mondo reale.

 

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